Previdenza / Sindacati

Tagli alle pensioni per 30mila trentini, la Cgil: “Basta fare cassa colpendo i pensionati. Venerdì in piazza a Roma”

A fare i conti in tasca ai pensionati è lo Spi Cgil: per il biennio 2023/2024 la decurtazione delle pensioni raggiunge 962 euro per una pensione lorda di 2.300 euro (netta 1.786), fino ad arrivare a 4.849 euro lorde per un importo di pensione lorda pari a 3.840 euro (2.735 euro nette)

PENSIONI I 662 con le pensioni da 5mila euro

TRENTO. Sono circa 30mila le pensionate e i pensionati trentini che subiranno un taglio degli assegni a causa del meccanismo di rivalutazione voluto dal governo Meloni. A fare i conti in tasca ai pensionati è lo Spi Cgil: per il biennio 2023/2024 la decurtazione delle pensioni raggiunge 962 euro per una pensione lorda di 2.300 euro (netta 1.786), fino ad arrivare a 4.849 euro lorde per un importo di pensione lorda pari a 3.840 euro (2.735 euro nette).
 

Questo è il risultato del nuovo sistema di rivalutazione che penalizza tutti gli assegni superiori a quattro volte il minimo. “Stiamo parlando di pensioni di 1600 euro nette al mese, dunque non ricche – spiega la segretaria provinciale Claudia Loro -. Ancora una volta a Roma per far quadrare i conti e per finanziare una riforma fiscale iniqua si mettono le mani nelle tasche dei pensionati, persone che hanno lavorato una vita pagando i loro contributi, e dei lavoratori dipendenti. Un trattamento inaccettabile”.
 

Anche perché mentre l’inflazione è cresciuta in media del 15% gli importi delle pensioni vengono rivisti verso l’alto per appena 7 euro netti mensili. “Hanno illuso i pensionati con i conguagli anticipati, ma è un’operazione contabile che conviene allo Stato che mette queste somme in deficit nel 2023 per poi averle come risparmio nel 2024. Così inoltre si distoglie l’attenzione dai tagli pesantissimi che arriveranno nei prossimi anni”. Per cominciare, come spiega il sindacato i tagli prodotti dal nuovo sistema di rivalutazione, hanno un effetto nel tempo e se calcolati sulle attese di vita media raggiungono importi elevati, si parte da 6.673 euro per pensioni nette di 1.786 euro, fino a raggiungere 36.329 euro per pensioni di 2.735 euro netti.
 

Inoltre il governo intende cambiare dal 2027 gli indici con cui calcolare la rivalutazione delle pensioni, sostituendo l’attuale indice di perequazione con il deflatore Pil. Una modifica che avrebbe un impatto gravissimo sulle pensioni, con una perdita mensile di 78 euro per una pensione di 1.786 euro nette e di 230 euro per una pensione di 2.735 euro nette. Dati che se proiettati sull’attesa di vita media, raggiungono importi che variano tra 18.019 euro fino a 35.051 euro di mancato guadagno.

“Si dimentica troppo spesso che la rivalutazione non è un regalo e nemmeno un privilegio per i pensionati, ma è l’unico meccanismo che può salvaguardare almeno in parte il potere d’acquisto delle pensioni. Il 60% dei trattamenti pensionistici sono inferiori ai 1000 euro al mese, l’inflazione colpisce molto di più i redditi più bassi. Invece di dare risposte all’impoverimento delle famiglie, invece di potenziare le misure sociali e la sanità pubblica, invece di finanziare la legge sulla non autosufficienza per sostenere la parte più fragile della nostra società, si scelgono scorciatoie inique e non si affronta la vera emergenza del paese, l’evasione fiscale”, insiste Loro.
 

Per tutte queste ragioni anche le pensionate e i pensionati trentini con lo Spi venerdì, 15 dicembre, saranno in piazza a protestare. La manifestazione si svolgerà a Roma, in piazza Santi Apostoli.


 

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