Giustizia / Il caso

Latte Trento, la commessa infedele sottrae 15 mila euro: condannata

Appena entrata in servizio, la società aveva notato un drastico calo del fatturato: era riuscita a sottrarre la somma in soli tre mesi. Assolta in primo grado, nei guai con l’appello

TRENTO. È stata condannata per appropriazione indebita dopo aver sottratto 15mila euro in tre mesi in un punto vendita di Latte Trento in cui lavorava. È questo quanto stabilito dalla sentenza della Corte d'Appello di Trento nei confronti di una sessantenne, all'epoca dei fatti dipendente dell'importante azienda trentina specializzata nella produzione e nella vendita di latte e prodotti caseari.

Un procedimento durato anni, portato avanti in aula sia davanti al giudice del lavoro che sul piano penale.

I fatti contestati risalgono al 2018, quando la donna trentina, assunta da Latte Trento, era impiegata in uno dei negozi sul territorio, come addetta alla vendita. La dipendente era però l'unica responsabile della sede in questione. Proprio quell'anno, in quel punto vendita, l'azienda ha cominciato a lamentare un crollo del fatturato, che risultava difficile però da spiegare. I conti, in poche parole, cominciavano a non quadrare più. Questo perché, stando all'accusa, la lavoratrice avrebbe falsificato gli scontrini fiscali. Da qui si comincia a riscontrare quindi una notevole differenza in cassa. Spesso infatti gli scontrini non venivano emessi, arrivando a dimezzarli al mese.

Stando alle accuse la dipendente con questo "trucco" sarebbe riuscita a sottrarre una cifra pari a 15mila euro circa in soli tre mesi. Cosa che sarebbe stata accertata anche sulla base di testimonianze raccolte successivamente in aula di giustizia. Per questo Latte Trento, dopo aver notato la cosa, aveva deciso di licenziare la sessantenne. Ma la lavoratrice impugna il licenziamento, vincendo la causa e ottenendo il reintegro da parte del giudice del lavoro Giorgio Flaim. L'azienda procede di conseguenza, presentando querela nel 2020, ritenendo che la sua dipendente si fosse appropriata senza alcun diritto di questi soldi.

La lavoratrice viene quindi assolta in primo grado di giudizio per la «tardività della querela», in quanto Latte Trento sarebbe stata a conoscenza della cosa da tempo.La vicenda giudiziaria finisce quindi davanti alla Corte d'Appello del capoluogo in sede penale vista l'impugnazione da parte della procura insieme alla parte civile, rappresentata dall'avvocato Ivan Alberti.

Come stabilito dalla sentenza del 22 novembre scorso, l'imputata è stata condannata a sei mesi di reclusione e 600 euro di multa oltre al pagamento delle spese processuali. Decisione che va accogliere quindi le istanze della procura.

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