Medioriente / La guerra

Preghiera e digiuno per la pace: la Diocesi di Trento aderisce all'appello del patriarca di Gerusalemme

Iniziative a fronte dell'escalation di violenza in Israele e Palestina, ma riferimento anche al conflitto in Ucraina e alle guerre dimenticate: oggi l'intenzione risuonerà durante le messe, domani incontro di preghiera guidato dall’arcivescovo Lauro Tisi, martedì la giornata di digiuno proposta dal cardinale Pierbattista Pizzaballa

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TRENTO. Anche la comunità diocesana trentina si raccoglie in preghiera per la pace nel mondo: lo comunica una nota diffusa oggi. "Di fronte all’escalation di violenza in Medio Oriente, al protrarsi della guerra tra Russia e Ucraina, ai troppi conflitti che si consumano nel silenzio, la Chiesa di Trento propone due momenti forti all’inizio della prossima settimana", si legge.

Il primo appuntamento è per domani, lunedì 16 ottobre, alle 18: un incontro di preghiera guidato dall’arcivescovo Lauro Tisi e aperto a chiunque condivida l’urgenza di invocare il dono della pace. Martedì 17 ottobre, anche la Diocesi di Trento aderisce alla giornata di digiuno e preghiera proposta dal cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei Latini.

"Pizzaballa, a nome di tutti gli Ordinari, ha chiesto alle comunità locali di incontrarsi per consegnare a Dio Padre la nostra sete di pace, di giustizia e di riconciliazione in comunione con i cristiani di Terra Santa. Un appello condiviso e rilanciato anche dalla presidenza della Cei e rivolto a tutte le Diocesi. In Trentino sono invitate ad aderire alla giornata di digiuno tutte le comunità cristiane, con momenti di preghiera personale o comunitaria", scrive la Diocesi

E oggi, domenica 15 ottobre, in tutte le celebrazioni eucaristiche risuonerà questa intenzione: “Padre misericordioso e forte: tu non sei un Dio di disordine, ma di pace. Spegni nella Terra Santa l’odio, la violenza e la guerra perché rifioriscano l’amore, la concordia e la pace. Ti imploriamo ancora per la martoriata Ucraina e molti altri Paesi che vivono l’orrore della guerra”.

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Attacchi di artiglieria contro Hamas

Frattanto, a una settimana dai sanguinosi attacchi terroristici di Hamas, prosegue la risposta militare dello Stato israeliano, che ha annunciato di avere in preparazione l'ingresso nella striscia di Gaza. Ha invitato i civili a lasciare la zona nord di Gaza, ma Hamas dice invece che le persone devono rimanere dove si trovano. Cresce a livello internazionale la preoccupazione per l'escalation di violenza.

Israele ha risposto con colpi di artiglieria anche al fuoco proveniente dalla Siria dopo che sono risuonate le sirene dell'allarme aereo nelle Alture del Golan. Lo riferisce l'esercito. "A seguito di una prima segnalazione di sirene suonate nelle comunità di Avnei Eitan e Alma, le forze di difesa israeliane sta attualmente colpendo la località in Siria da dove sono partiti i colpi", si legge in un comunicato dell'esercito.

Un raid aereo israeliano ha preso di mira l'aeroporto di Aleppo, città siriana controllata dal governo. Lo riferisce l'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria dopo che un attacco simile ha colpito gli aeroporti di Aleppo e Damasco. "Un raid israeliano proveniente dalla direzione del mare ha colpito l'aeroporto di Aleppo", ha detto all'Afp Rami Abdel Rahman, responsabile dell'Osservatorio siriano per i diritti umani (Osdh).

L'evacuazione forzata di migliaia di malati dal nord di Gaza verso il sud del territorio è stata criticata dall'Organizzazione mondiale della sanità, perché - si legge in un a nota diffusa ieri - potrebbe essere "l'equivalente di una condanna a morte".

L'Oms spiega che "condanna fermamente i ripetuti ordini israeliani di evacuare 22 ospedali che curano più di 2.000 pazienti nel nord di Gaza". Lo spostamento di 2.000 pazienti nel sud di Gaza, "dove le strutture sanitarie sono già al massimo delle loro capacità e non sono in grado di assorbire un aumento considerevole del numero di pazienti, potrebbe equivalere a una condanna a morte" - afferma.

Frattanto, gli Stati Uniti Gli Usa dislocano una seconda portaerei nel Mediterraneo orientale come "deterrenza contro azioni ostili a Israele": lo annuncia il Pentagono.

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