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Clima stravolto, tra vent'anni un mese in meno con neve a duemila metri: la Provincia cerca una strategia per resistere

In autunno arriverà il rapporto sulla situazione in Trentino, con l’analisi di rischio nei diversi settori. Tra i pericoli, conflitti per l’acqua e malattie dovute a zanzare e zecche. L’obiettivo è avviare una serie di azioni per la mitigazione e l’adattamento ai drammatici cambiamenti in atto

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di Chiara Zomer

TRENTO. Tra 20 anni a quota 1.500 metri avremo fino a 27 giorni in meno di adesso con neve a terra e a quota 2.000 andrà pure peggio: i giorni in meno con neve a terra saranno addirittura fino a 48. Non benissimo, per una provincia che sul turismo - e sul turismo invernale in particolare - basa una parte non irrilevante del sul Pil. Ma se queste sono le stime, l'obiettivo è trovare una strategia per far fronte al clima che cambia.

Lo farà, nuovo tassello nell'ambito della SproSS - la Strategia provinciale per lo Sviluppo Sostenibile - il rapporto sullo stato del clima in Trentino, che in autunno metterà nero su bianco strategie di mitigazione - cosa fare per ridurre l'aumento della temperatura - e di adattamento, cioè come adeguarsi ad un mondo destinato a diventare più difficile. Nell'attesa, Appa ha reso pubblico un primo report, che anticipa i primi dati. Pochi e non buoni, come detto.

Lo ha fatto, ieri, nell'ambito di un momento in cui la Provincia - intesa come assessorato, dipartimento, Appa, ma anche mondo della ricerca del sistema Trentino, da Fbk alla Fem, Dal Muse all'università con Dicam - ha fatto il punto della situazione, circa quanto realizzato fin qui, in termini di programmazione.

Perché il rapporto arriverà in autunno, ma è il frutto di un percorso lungo, fatto su più aree e più argomenti. Iniziato con la riorganizzazione di Appa, a cui ora è affidato il compito di coordinamento di tutte le attività legate al clima che cambia. E passato dalla Strategia provinciale per lo sviluppo sostenibile, appunto, «un atto di pianificazione strategica con una valenza molto concreta - rivendica l'assessore all'ambiente Mario Tonina - perché fa sì che le decisioni della Provincia nei diversi settori siano coerenti con la strategia: risparmio energetico, uso del suolo e delle acque, economia circolare, gestione rifiuti e trasporti, turismo e agricoltura».

Partendo dall'oggi, mentre la temperatura media è cresciuta di 1,1 gradi tra i trentenni 1961-1990 e 1991-2020, con una velocità di riscaldamento di 0,4 gradi l'anno, in accelerazione dagli anni '80, la temperatura è cresciuta più rapidamente in inverno che in estate e più sulle massime che sulle minime.

Quanto alle ondate di calore, sono aumentate di circa 20 giorni in media tra i trienni presi in considerazione. Quanto alle precipitazioni, sono cresciute in totale ma diversamente distribuite: meno in inverno e primavera, più in autunno, mentre sono in aumento gli indici di precipitazione estrema.

Al contrario, è aumentata la durata massima dei periodi di assenza di precipitazioni di 2,5 - 3,5 giorni tra i trentenni presi in considerazione.Il problema vero sono gli scenari futuri, realizzati dal Dicam dell'Università: temperature su di un grado fino al 2023, di due al 2050, ondate di calore in aumento per durata e intensità. Meno giorni di pioggia ma più intensi, probabile maggiore frequenza di precipitazioni intense e aumento di periodi in assenza di precipitazioni.

A spaventare dovrebbe essere il dato sulla neve: sulle Alpi è previsto un calo del numero di giorni con neve al suolo. Quanto? Da 20 a 27 giorni a quota 1.500, da 31 a 48 giorni a quota 2mila. Si pone un problema per il turismo invernale del tutto evidente.

Le misure di adattamento sono il fulcro di tutto. «E sono anche la parte più innovativa di tutto il lavoro - hanno evidenziato ieri Roberto Barbiero e Lavinia Laiti - che prendono in considerazione i rischi e le possibili misure di adattamento, per ogni aspetto. Per ora, sono state rese note solo le schede su acqua, salute, agricoltura e allevamento e turismo.

Quanto all'acqua, la riduzione della disponibilità porta con sè il rischio è l'aumento dei conflitti sia per l'uso potabile che per agricoltura. Tra le strategie, la pianificazione degli investimenti di sostituzione delle reti dell'acquedotto e il recupero delle aree golenali per favorire l'autodepurazione. Il turismo invernale è evidentemente a forte rischio, anche per l'aumento degli eventi estremi.

Si propone di aggiornare i sistemi d'allerta e adeguare le pratiche di innevamento artificiale, ma anche spingere verso una diversificazione dell'offerta turistica valorizzando le belle stagioni.

In agricoltura e allevamento servirà fare un lavoro serio per trovare le culture più adatte alle diverse altitudini, ma anche interventi strutturali nelle aziende per efficientare produzione e logistica e interventi di sistema, per un risparmio d'acqua nell'irrigazione.

L'agricoltura di porta via il 60% dell'acqua che usiamo in Trentino. Quanto agli eventi estremi, serve proteggere le aziende con schemi assicurativi innovativi. Quanto alla salute, questi temi impattano sia perché le ondate di calore sono pericolose per i fragili, sia perché sono in aumento vettori che diffondono infezioni.

Il prossimo passo è , appunto, la pubblicazione, in autunno, del rapporto sullo stato del clima. Entro fine anno si chiuderà l'analisi dei rischi climatici e poi inizierà il lavoro per la strategia provinciale di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici: l'obiettivo è mettere ad un tavolo categorie e soprattutto mondo della ricerca, per trovare soluzioni a problemi epocali.

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