Fauna / Il caso

Salvato a soli due mesi, l’orsetto M89 rischia ora la prigione: paga il clima politico?

Era stato trovato denutrito in un canalone della Val d’Ambiez. Il servizio faunistico della Provincia non ritiene ci siano i presupposti per liberarlo poiché potrebbe divenire confidente. I tecnici che si sono occupati di lui a Spormaggiore invece assicurano abbia mantenuto uno status selvatico

LA STORIA Per l'orsetto salvato in un canalone pare complicato il rilascio nei boschi: questione tecnica o politica? 
L'ORDINANZA Gli orsi JJ4 e MJ5 sono salvi, il Consiglio di Stato: «L'abbattimento è sproporzionato» 
L'INIZIATIVA Lav, informare i cittadini sulla convivenza con gli orsi
NEL BOSCO Come comportarsi per limitare il rischio di incontrare l'orso

di Chiara Zomer e Diego Morone

SPORMAGGIORE. Mentre su JJ4 esultavano gli animalisti e scoppiava il caso politico a Trento, a Spormaggiore arrivavano brutte notizie per il cucciolo salvato da un canalone della Val d'Ambiez. L'orsetto, ribattezzato M89, rischia una vita in cattività: il servizio faunistico della Provincia non ritiene ci siano i presupposti per liberarlo. Perché? Perché non c'è la certezza che, prima o poi, non sviluppi comportamenti anomali o confidenti.

Poco importa se a Spormaggiore i tecnici che di lui si sono occupati - e che su di lui hanno avviato un percorso di ricerca destinato a interrompersi in caso di captazione perenne - assicurano che abbia mantenuto un atteggiamento selvatico e per nulla confidente con l'uomo. L'ipotesi più probabile è che venga destinato ad una vita in cattività. Solo che inizia a diventare urgente decidere come e dove, e su questo la Provincia non sembra dare risposte: di sicuro non può stare nell'area di quarantena del parco faunistico, troppo stretta per un orso che ormai è arrivato a 50 chili e che è destinato a crescere. Lassù mancano anche le condizioni di sicurezza.

L'orsetto non lo sa, ma con ogni probabilità paga il clima politico: più che tecnicamente è politicamente difficile immaginare di liberare un orso, mentre si annuncia che verrà dimezzata - in un percorso tutto da inventare - la popolazione di plantigradi nei boschi trentini. Tant'è, M89 non può farci niente se è cresciuto. A dispetto, va detto, di ogni pronostico.

Era stato trovato che aveva meno di due mesi in un canalone. Ferito gravemente, denutrito. Era stato prima curato dalla clinica veterinaria Zoolife, coordinata da Roberto Guadagnini, che è riuscita a curare i traumi, pur gravi. Poi si è posto il problema di nutrirlo, senza che si abituasse all'uomo, allo scopo di poterlo reimmettere in libertà. Spostato al Centro faunistico di Spormaggiore, è stato affidato a due sole persone: Alberto Stoffella, dell'associazione Rase e Eileen Zeni, del parco Adamello Brenta. La sua crescita diventata subito un progetto di ricerca: mai si è potuto osservare un orso che cresceva.

Lui, chiuso in quarantena, non aveva contatti con l'uomo ma viveva sotto le telecamere: gli operatori entravano per portare da mangiare o pulire, ma senza contatti diretti: attraverso un sistema di chiusini, l'animale era separato rispetto all'area in cui si lavorava. Questo l'ha fatto crescere non confidente. Nell'ultima relazione inviata in Provincia, dove si chiedeva di decidere in fretta sul futuro del cucciolone, il centro faunistico ha evidenziato come l'animale sia del tutto selvatico.

Certo, non può esserci la garanzia che in futuro non diventi confidente, ma questo non dipenderebbe dal lungo periodo di convalescenza, in cui si è riusciti a evitare ogni imprinting. Diciamo che si tratta di un rischio insito nel suo essere orso, non nell'essere proprio M89. Ma non è bastato, a quanto pare. Il servizio faunistico ha chiarito che è impossibile pensare di metterlo in libertà. «Nel caso di rilascio in natura non è certamente possibile garantire in assoluto eventuali interazioni o frequentazioni di zone antropizzate che potrebbero manifestarsi con il tempo».

Troppo lunga la convalescenza. Da qui la scelta: «In via precauzionale è inopportuno procedere all'immissione in natura del giovane orso con il rischio che questo, anche a distanza di tempo, a seguito della sua peculiare esperienza con l'uomo, possa assumere nel futuro un comportamento problematico. Nemmeno l'attività sperimentale condotta presso il Belpark, ancorché meritoria, a parere dello scrivente può rendere accettabile tale rischio». L'obiettivo, dunque, è lasciarlo al Belpark. Di sicuro non può restare nell'area di quarantena, che già lo sta innervosendo. Serve una decisione in fretta.

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