La protesta / Il caso

Stangata di 50mila euro per la scuola occupata: decreto penale di condanna, Fridays for Future impugna

Secondo il Gip sarebbero integrati i reati di interruzione di pubblico servizio e occupazione. Andrea Stella, esponente locale del movimento: "Abbiamo avuto una risposta repressiva che riteniamo essere un attacco a tutto il movimento contro il cambiamento climatico"

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TRENTO. Cinque mesi di reclusione, commutati in pena detentiva: 12.500 euro a testa. In tutto quasi 50 mila euro. Tanto rischia di costare a quattro ragazzi lo sciopero per il clima portato in città da Fridays for future lo scorso 22 ottobre. Perché avrebbero impedito le lezioni al liceo Vittoria, o per lo meno questo ha denunciato l'istituto, che ha fatto partire l'indagine della procura, approdata in un decreto penale di condanna.

Ora il caso finirà davanti al giudice monocratico, perché per lo meno gli attivisti e le attiviste - tre sui quattro imputati totali - hanno scelto di impugnare il decreto e discutere il caso in aula. Il processo si terrà il prossimo 23 giugno. Nell'attesa, il movimento convoca un presidio fuori dal tribunale, e denuncia «una evidente risposta repressiva nei confronti di un momento assembleare e un attacco all'intero movimento».Per capire, serve contestualizzare i fatti.

Era appunto il 22 ottobre 2021, il giorno in cui il movimento Fridays for future aveva organizzato in molte città nel mondo lo sciopero per il clima. A Trento il movimento aveva deciso di farsi sentire e di coinvolgere anche un istituto scolastico e la scelta era ricaduta sul liceo Vittoria.

Il gruppone di ragazzi e ragazze scesi in piazza ha pensato di avviarsi, in corteo, fino al liceo artistico e di fare lì la propria assemblea. Voleva far sentire la propria voce, sull'urgenza di azioni concrete capaci di ridurre le emissioni clima alteranti e sull'insufficienza delle politiche messe in atto finora dai governi di pressoché tutti i Paesi. Tra ragazzi e ragazze, erano una settantina. Il piano era quello di raggiungere il Vittoria e invitare chi stava facendo lezione nelle aule a partecipare a quello che si proponeva di essere un momento di approfondimento. Il problema è che a scuola non erano stati avvisati e decisamente non l'hanno presa bene.

Alcuni ragazzi sono entrati nell'edificio, per provare a mettersi in contatto con studenti e studentesse, ma sono stati bloccati dal personale scolastico. Il resto dei manifestanti hanno scelto quindi di fare assemblea nel cortile della scuola provando a coinvolgere da lì la comunità studentesca, attraverso altoparlanti installati in cortile e appendendo striscioni per convincere chi era nelle aule a mollare libri e matite e a scendere per prendere parte alla protesta.

Tanto di più non potevano fare, anche perché la polizia nel frattempo si era messa davanti all'ingresso, a presidiare l'accesso all'edificio. Il tutto è durato circa 4 ore, poi se ne sono andati tutti. Forse pensavano che fosse finita lì. Niente di più sbagliato. E non importa nemmeno se dalla scuola abbiano o meno presentato la querela: quello è un luogo pubblico, si procede d'ufficio e a vedere l'assemblea c'era un mezzo esercito di polizia e carabinieri.

Quindi il caso sarebbe comunque approdato in procura. Letti gli atti, il pm ha deciso che quel che è accaduto in quella scuola è reato. E nemmeno dei più leggeri. Il decreto penale di condanna - richiesto al Gip ed ottenuto - parla di invasione di terreni ed edifici, per l'accesso al cortile e il tentativo di ingresso nell'edificio. E poi di interruzione di pubblico servizio, per via di quell'allarme antincendio fatto scattare per catturare l'attenzione di ragazze e ragazzi dentro la scuola, e per via del fatto che l'assemblea è stata ascoltata per forza da tutti, grazie agli altoparlanti installati in cortile e agli striscioni che invitavano gli studenti a scendere in cortile.

Pesante il decreto penale di condanna: 5 mesi di reclusione, commutati in 12.500 euro di multa a ciascuno dei quattro giovani individuati. Tre di loro sono, come detto, attivisti di Fridays For Future, che denuncia l'accaduto e convoca un presidio fuori dal tribunale, in occasione del processo. «Il movimento voleva portare nelle scuole di dibattito sul clima, perché lì o non se ne parla, o se ne parla attraverso colossi come Eni, quindi in un'ottica del peggior green washing - spiega Andrea Stella, di FFF Trento - abbiamo avuto una risposta repressiva che riteniamo essere un attacco a tutto il movimento contro il cambiamento climatico».

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