Valsugana / Il caso

«Sono troppo malata, troppo dolore: addio»: sessantenne si toglie la vita in casa con il kit comprato online

Secondo i primi riscontri investigativi, la donna residente in un paese della bassa Valsugana sarebbe stata uno dei nove clienti italiani di siti Web, con base in Canada, che vendevano prodotti da usare per il suicidio. Ora le forze dell'ordine cercano di scoprire in tempo gli altri otto acquirenti

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TRENTO. Sembra il drammatico copione di un film, invece è una tragica realtà: persone che si tolgono la vita utilizzando "kit del suicidio" acquistati online.

La vicenda, nata un paio d'anni fa in Canada, ora risulta avere risvolti anche in Italia e il primo caso sospetto riguarda il Trentino.

A perdere la vita è stata una donna residente in Trentino, in bassa Valsugana.

Si tratta di una persona di circa sessant'anni trovata morta il 4 aprile scorso nella propria abitazione, in un paese non lontano da Borgo Valsugana. Sul posto sono intervenuti i carabinieri.

La donna, riferisce il Corriere della Sera, era distesa a letto e accanto a sé aveva un biglietto lasciato ai familiari: «Mi dispiace. Sono troppo malata, troppo dolore, non avevo altra scelta, addio».

La signora avrebbe lasciato anche una lettera nella quale illustrava le modalità seguite per suicidarsi. Cioè tramite il ricorso a materiali che sarebbero stati acquistati online in un sito straniero che vende una sorta di "kit del suicidio".

Gli investigatori dell'Interpol hanno potuto appurare che il nome della donna figura nella lista dei clienti online di un cittadino canadese finito nel mirino per aver gestito per circa due anni alcuni siti che vedevano mascherine facciali e nitrito di sodio da utilizzare per togliersi la vita.

I casi di persone che si erano rivolte a questi siti Web erano emersi dapprima in Nordamerica, quindi in Gran Bretagna e ora si ha appunto notizia di clienti italiani.

Non solo la donna morta in Valsugana: risulta vi siano altri otto clienti italiani del venditore canadese, che aveva la base a Toronto.

Il titolare dei siti, peraltro, si sarebbe sempre difeso affermando di vendere soltanto dei prodotti senza prestare alcuna assistenza al suicidio.

Ora polizia e carabinieri sono al lavoro per individuare queste otto persone e intervenire in tempo sequestrando il materiale acquistato, che può diventare letale.

Il nitrito di sodio, infatti, in quantità di alcuni grammi diluiti in acqua può rivelarsi un'arma mortale.

Secondo quanto trapela dalle indagini, all'origine del commercio del "kit del suicidio" da parte del cittadino canadese vi sarebbe una storia familiare di sofferenza per malattia terminale.

Il caso drammatico, che ora rimbalza tragicamente anche in Italia, apre un nuovo squarcio nel dibattito ancora incompiuto sui nodi del fine vita, del suicidio assistito e dell'eutanasia.

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