Società / Intervista

La povertà in Trentino è un fenomeno in aumento, si accentuano le diseguaglianze

Angela Rosignoli, presidente dell’ordine degli assistenti sociali: «Oggi le persone colpite sono molte di più, anche quelle che hanno un lavoro che non basta per arrivare a fine mese»

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di Matteo Lunelli

TRENTO. Un fenomeno enorme, purtroppo in crescita. Un fenomeno che ha mille molti differenti, spesso invisibili. Un fenomeno che ci coinvolge tutti. «Perché povero non è nessuno ma lo siamo tutti», dice Angela Rosignoli, presidente dell’ordine degli assistenti sociali. Di coloro, cioè, che lottano ogni giorno per migliorare la vita delle persone, per sostenerle, ma anche per prevenire delle “cadute”.

Presidente, gli anni che stiamo vivendo non sono facili.

Iniziamo a elencare? La pandemia, il clima, la guerra, la crisi energetica, i costi alle stelle. E potremmo andare avanti, le sfortune sono tante e il fenomeno è vasto. Tutto questo ha fatto sì che le categorie di povertà si ampliassero. Una volta il povero era quello che non lavorava, e questo provocava dell’emarginazione.

Oggi invece?

Oggi le persone colpite sono molte di più. Penso ai working poor, ad esempio. Persone che un lavoro lo hanno, ma non è sufficiente perché non arrivano a fine mese. E così sono a forte rischio di esclusione sociale.

La forbice tra ricchi e poveri si sta allargando?

Sì, sempre di più. E le persone povere aumentano. Questo riguarda anche il Trentino. Però noi spesso ci fermiamo a guardare i sintomi, invece dovremmo rivolgere l’attenzione alle cause. Penso a tassazione, stipendi bassi, mercato del lavoro.

Le testimonianze sono parecchie anche in Trentino in questo senso.

Esatto: c’è la Caritas, che segue sempre più persone. Il Punto d’Incontro, che ha aumentato del 40% in un anno i pasti distribuiti. O il Banco Alimentare, che aiuta sempre più persone. Poi c’è il fenomeno dei padri separati, che è un po’ nascosto ma esiste. Ma anche gli studenti universitari, che ad esempio in Trentino devono affrontare affitti molto alti e un costo della vita che cresce. Così arriviamo anche ai bambini.

La povertà infantile.

Esatto, un fenomeno preoccupante. I dati dicono che l’11% dei bimbi sono in povertà relativa: uno su dieci che ha problemi per la mensa, per le gite, per fare attività sportiva, per partecipare alla normale vita sociale, perché i genitori faticano a pagare tutte le spese. E tutto questo incidete sullo sviluppo della persona. Per molti il povero è chi chiede la carità per strada. Ma il povero è anche chi, più semplicemente, non ha un futuro.

Sintomi, cause ma le soluzioni? Si parla di salario minimo garantito, ad esempio.

Con il reddito di cittadinanza si era iniziato a fare un percorso rispetto al tema povertà, che non era legato solo al lavoro, ma a un progetto di vita. Sul salario minimo bisogna distinguere tra le persone che sono occupabili e quelle che non lo sono. Il punto è garantire la dignità a queste seconde e a chi da anni, per vari motivi e problemi, è fuori dal circuito del mercato del lavoro. Poi esiste un legame con l’istruzione: penso ai cosiddetti Neet e al tasso di abbandono scolastico che cresce. Ribadisco, partiamo sempre dalle cause e poi troviamo le soluzioni.

Tra le soluzioni quelle “tampone” - i bonus o un contributo una tantum - servono a poco.

Certamente, ci vogliono politiche del lavoro ma sociali. Partendo dalla casa, che è il primo fattore per la dignità.

Salute e sociale devono andare a braccetto?

Parentesi sulla salute: se un povero deve aspettare sei mesi per una visita e un ricco la ha in 48 ore questo è un problema. Detto questo la costituzione parla di diritto alla salute, senza distinzione tra sanitario e sociale. È tutto correlato. Io faccio sempre questo esempio: la salute ha fatto progressi grazie ai professionisti della medicina, ma il primo fondamentale intervento di salute pubblica sono stati gli acquedotti.

Parliamo di voi, degli assistenti sociali.

In Trentino siamo 521, copriamo la fascia 0-100 anni. Siamo quelli che non girano mai la faccia dall’altra parte, cerchiamo di tutelare i diritti di tutti.

Siete anche, spesso, il capro espiatorio.

Purtroppo si sente dire “Dove erano i servizi sociali?”, “Perché non sono intervenuti prima?”. Ma noi ci siamo, è una professione che è un po’ stretta tra le maglie della burocrazia e la mancanza di risorse, ma che ha grandi potenzialità. E in Trentino i servizi sociali funziona, abbiamo tanti progetti innovativi e creativi, per affrontare bisogni - purtroppo - crescenti.

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