Sociale / Nuovi inizi

Minori non accompagnati, quadruplicati in due anni: sono 58 in Trentino

Oltre 40 imprese aperte ai tirocini. Ruscitti: «Ma l’accoglienza funziona». 80 minorenni arrivati negli ultimi sei mesi, 8 sono andati via e 14 sono usciti dal progetto

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di Chiara Zomer

TRENTO. Qualcuno arriva per caso. Qualcun altro perché qui ha un amico o un conoscente. Qualcuno ha dietro alle spalle una storia difficile e un viaggio complicato, di quelli che lasciano buchi nell'anima, altri hanno voltato le spalle alla povertà senza drammi, iniziando un percorso in salita, certo, ma per lo meno non tragico.

Sono i minori non accompagnati, ragazzi - a volte ragazzini - stranieri che approdano a Trento e che da qui iniziano la corsa contro il tempo per costruirsi una vita. Sono sempre di più, anche se il numero varia in modo molto veloce: ora sono 58, ma da giugno ad oggi ne sono arrivati circa 80. Soprattutto, sono in aumento rispetto ai dati storici. Per dare un'idea, al 30 giugno 2020 a Trento erano 16, nella stessa data ma nel 2021 erano 20, ora sono 58, ma in 80 sono arrivati negli ultimi 6 mesi del 2022.

Per questo si stanno potenziando le possibilità di accoglienza: Appm, che ne ospita una trentina, ha recentemente aperto un nuovo gruppo. E al contempo la Provincia ha chiesto la disponibilità anche alla cooperativa Kaleidoscopio, che fino a qualche tempo fa non si occupava di minori non accompagnati, e gliene ha affidata una ventina. Il trend in crescita è chiaro, anche perché è il medesimo che si vive altrove.

Tanto che a livello italiano c'è chi parla di collasso del sistema di accoglienza: i minori sono aumentati di cinquemila unità in sei mesi e i servizi non riescono a rispondere a tutte le richieste. «A Trento per ora non ci sono difficoltà - spiega il dirigente generale Giancarlo Ruscitti - garantiamo l'insegnamento della lingua e l'avviamento al lavoro».

E su questo secondo punto a fare un enorme lavoro sono le associazioni, grazie al mondo imprenditoriale trentino: Appm, per esempio, in questi anni ha avviato ad una professione 70 ragazzi, grazie alla collaborazione di circa 40 aziende che si sono messe a disposizione.

Partendo dai numeri, a livello italiano come detto si constata una crescita piuttosto repentina: al momento, secondo una stima del Sole 24Ore, sono più di 20 mila i minori non accompagnati. In Trentino i numeri sono evidentemente diversi, ma in proporzione rispetto agli abitanti, iniziano a farsi sentire.

«In Trentino arrivano in modo autonomo, di solito in treno, spesso perché sanno che i servizi qui sono in grado di dare loro una risposta. Arrivano e si presentano negli uffici preposti - spiega Ruscitti - l'età media è di 16,5 anni, il 40% di loro proviene dal Pakistan, il 30% dall'Albania, il 20% dal Marocco, il resto da diversi Paesi. Al momento sono 58, ospitati nelle strutture che sono disponibili, ma da giugno a dicembre 2022 abbiamo avuto circa 80 inserimenti. Di questi, al momento 14 sono usciti dal progetto Sai e 8 hanno scelto di andare via, perché Trento non era comunque la destinazione definitiva. Dal nostro punto di vista noi garantiamo un percorso di conoscenza della lingua, e poi un percorso di avviamento al lavoro».

Perché è questo il problema vero. Chi arriva chiede asilo, ma sono pochissimi i "fortunati" che ottengono l'asilo politico, che permette di avere un permesso più lungo. La maggior parte dei ragazzi ottiene il permesso per ragioni umanitarie, che ha valenza un anno. Finché sono minorenni non c'è problema, ma da maggiorenni il permesso viene rinnovato se si è trovato un lavoro.

Per chi li segue, è praticamente una corsa contro il tempo. Lo sanno bene in Appm - Associazione provinciale per minori - dove però il lungo rodaggio di questi anni ha portato a risultati anche sorprendenti: grazie alla credibilità dell'associazione una quarantina di aziende si è messa a disposizione, per i tirocini.

«Perché la gente trentina, quando c'è da aiutare, c'è sempre - osserva il direttore Paolo Romito - noi organizziamo prima uno stage di un mese, poi se funziona, un tirocinio, al termine del quale, se va bene, l'azienda si dice disponibile a fare un'assunzione. Negli anni, assieme alle aziende, abbiamo creato almeno 70 nuovi posti di lavoro».

Ma i percorsi funzionano solo se ben strutturati. E non è facile. «Noi stiamo organizzando ora i progetti educativi, perché diventi un percorso di vera integrazione -spiega il presidente di Kaleidoscopio Michele Odorizzi - abbiamo iniziato da poco, eravamo stati sconsigliati, mesi fa, dall'accettare di occuparci di questi ragazzi. In realtà non abbiamo avuto alcun problema finora: vivono insieme, in due appartamenti, seguiti dagli educatori, contribuiscono con le faccende al buon andamento della casa. Sono estremamente collaborativi».

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