Pandemia / Giustizia

Dottoressa morta di Covid, per il giudice è infortunio sul lavoro: “Indennizzo di 125mila euro al fratello”

Gaetana Trimarchi, 58enne, è morta nel reparto di rianimazione del Santa Chiara di Trento il 30 marzo del 2020. Il 14 marzo era stata chiamata a Soraga per prendersi cura di un paziente positivo poi deceduto e qualche giorno dopo si era sentita male

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TRENTO. Non è malattia ma infortunio sul lavoro. E quindi l'assicurazione deve pagare l'indennizzo per la dottoressa morta di Covid al Santa Chiara due anni e mezzo fa. Così ha deciso il giudice del lavoro di Trento, Giorgio Flaim, sulla causa che vedeva contrapposti il fratello di Gaetana Trimarchi e la compagnia assicuratrice dell'Enpam, l'ente nazionale di previdenza e assistenza dei medici, che dovrà pagare un indennizzo da 125mila euro.

La dottoressa Gaetana Trimarchi, 58enne originaria della provincia di Messina, è morta nel reparto di rianimazione del Santa Chiara di Trento il 30 marzo del 2020. Lavorava in Trentino da una ventina di anni e aveva ricoperto vari incarichi come sostituta sia di medici di medicina generale che di continuità assistenziale, poi, nel 2019 era diventata titolare del posto di guardia medica a Pozza di Fassa. Il 14 marzo era stata chiamata a Soraga per prendersi cura di un paziente positivo poi deceduto e qualche giorno dopo si era sentita male.

La dottoressa era stata portata con l'ambulanza a Cavalese dove il tampone aveva confermato la positività al virus. Le sue condizioni erano peggiorate ed era stata trasferita ad Arco, poi era stata intubata e trasferita in rianimazione al Santa Chiara. La morte di Gaetana Trimarchi aveva sconvolto non solo la comunità sanitaria (era stata la prima vittima fra i medici della provincia) ma anche la val di Fassa: in tanti l'avevano pianta e ne avevano ricordato la professionalità e l'umanità. Un lutto che è diventato poi una causa in tribunale intentata, come detto, dal fratello.

Nella sentenza il giudice scrive che «la certezza che la dottoressa venne a contatto con un paziente affetto da Covid 19 e che a distanza di quattro giorni risultò positiva al medesimo virus costituiscono indizi gravi, precisi e concordanti del tutto idonei a fondare la presunzione che il contagio sia avvenuto nello svolgimento dell'attività lavorativa di medico di continuità assistenziale».

E sulla coincidenza fra contagio da Covid e infortunio spiega che «il virus Covid 19 costituisce una causa esterna e, nel caso di specie, certamente fortuita (non essendovi elementi per poter ritenere che Trimarchi sia entrata intenzionalmente a contatto con il virus)». E poi richiama una sentenza di Torino: «Così come "violenta" sarebbe, ad esempio, la ferita provocata dalla caduta di un mattone sulla testa di una persona, allo stesso modo ben può dirsi violenta l'infezione di cui qui si discute, con un'alterazione dello stato normale di intere parti dell'organismo (in particolare dell'apparato respiratorio), al punto da causare gravissime sofferenze e, alla fine, addirittura la morte del soggetto». Quindi l'infezione ha per il giudice tutte le caratteristiche previste per la definizione di infortunio. E come tale va indennizzato.

«La particolarità di questa sentenza - spiega l'avvocato del fratello della dottoressa Renzo Briguglio - rende evidente come anche i medici non strutturati, ma in convenzione con le aziende sanitarie godono di tutela in caso di infortunio da Covid per effetto della polizza collettiva stipulata da Enpam. Sotto tale profilo non appare emergere, sul piano giuridico, una particolare differenza tra assicurazione sociale gestita da Inail e l'assicurazione di Enpam anch'essa avente carattere assistenziale e/o previdenziale»

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