Fauna / Selezione

Parte la caccia in Trentino, migliaia di ungulati da abbattere: oltre 4 mila cervi, e 5.800 caprioli

Via libera al calendario venatorio, da oggi i primi spari. Obiettivo «contenimento» dei cervi, considerati troppi, e quindi precedenza all’abbattimento di femmine. L’Associazione Cacciatori chiede di sparare anche alla coturnice bianca, ma la Provincia nega

di Domenico Sartori

TRENTO. Nel mirino degli oltre seimila cacciatori trentini, quest'anno c'è prima di tutto il cervo. Troppo invasivo, ormai. Troppi gli incidenti stradali registrati negli ultimi anni, in particolare lungo le statali della Valsugana, di Fiemme e del Chiese. Troppi i danni alle coltivazioni. E troppi, pure, quelli provocati durante la fase di rimboschimento post Vaia. Ecco perché, dopo l'anno record del 2021, quando nelle riserve di caccia del Trentino si è per la prima volta superato il "muro" dei 3 mila abbattimenti, nella stagione venatoria 2022-2023, che si apre oggi con la caccia al camoscio e al muflone, il piano degli abbattimenti di cervo raggiunge il numero massimo: 4.100 esemplari.

Il numero è da porre in relazione alla popolazione di cervo in Trentino, stimata in poco meno di 13 mila esemplari (12.810). Mentre si stima una presenza di 33.020 caprioli e 27.755 camosci. Ungulati cui si devono aggiungere i mufloni, specie non autoctona, e i cinghiali. I primi (se ne stimavano 1.370 nel 2020) sono in calo, e la causa prima ha un nome: il lupo. Del quale i mufloni, originari della Sardegna e della Corsica, dove il grande carnivoro non è presente, non hanno memoria. Né hanno strategie di difesa come gli altri ungulati.

La stagione venatoria al via.

Il 22 aprile scorso, la giunta provinciale ha approvato le prescrizioni per l'esercizio della caccia, fissando le limitazioni relative a periodi, giornate e specie cacciabili per la stagione venatoria 2022-2023. Dopo la caccia di selezione primaverile-estiva (2 maggio – 30 giugno), si entra nel vivo della programmazione del prelievo con quella autunnale. Al camoscio si potrà sparare da oggi al 15 dicembre, al muflone idem, per quelli nelle riserve con piano di abbattimento: per quelle senza piani di abbattimento, la caccia va dall'1 ottobre al 30 novembre.

Per capriolo e cervo, il primo sparo sarà possibile da domenica 4 settembre, e la stagione di caccia sarà aperta fino al 31 dicembre. Fa eccezione il capriolo maschio per il quale, come avviene da anni, la caccia sarà sospesa il 20 dicembre.

Per quanto riguarda le specie contingentate, è sospesa la caccia al cinghiale, in modo da poter esercitare la più incisiva attività di controllo.

Alla coturnice si potrà sparare dall'1 al 22 ottobre, al fagiano di monte dall'1 ottobre al 14 novembre (solo fino al 22 ottobre nelle riserve con un solo capo da abbattere).

Perché andare a caccia? Le ragioni di una passione, tra istinti ancestrali e bisogno di natura

Pochi argomenti sono divisivi come la caccia. Ma nello stesso tempo della caccia si sa molto poco. Abbiamo deciso di approfondire questo tema, per capire che cosa spinge migliaia di trentini a imbracciare ancora oggi il fucile, e lo abbiamo fatto con Ettore Zanon, coordinatore dell’Accademia ambiente, foreste e fauna della Fondazione Mach, che ci accompagna in questo viaggio.

È invece sospesa la caccia alla pernice bianca. In questo caso, l'ente gestore, l'Associazione cacciatori trentini (Act), aveva chiesto alla Provincia di non confermare la sospensione della caccia. Ma la richiesta non è stata accolta in quanto lo stop momentaneo alla caccia alla pernice bianca è previsto dal Piano faunistico, atto di indirizzo che non può essere bypassato dalle prescrizioni tecniche annuali.

Tra gli uccelli, è sospesa la caccia alla starna, alla moretta e al moriglione: sono specie in forte declino e, nel caso della starna, a rischio di estinzione, come indicato dall'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale del Ministero della transizione ecologica).

Il boom del cervo.

La novità più rilevante della stagione venatoria riguarda il cervo. Nelle prescrizioni tecniche, la giunta provinciale ne dà conto spiegando che, per quanto riguarda il periodo della caccia del cervo, «è stata eliminata la limitazione corrispondente al periodo degli amori, vista la necessità di contenere la diffusione spaziale e l'incremento numerico della specie. In questi ultimi anni, infatti» viene spiegato «la dinamica di espansione comporta maggiori danni alla rinnovazione forestale e all'agricoltura (il fatto che ci siano polizze assicurative a tutela dei contadini è indicativo, ndr), oltre all'aumento costanti degli incidenti stradali».

Anche in questo caso, l'Act aveva eccepito, chiedendo di ripristinare la sospensione della caccia del cervo (maschio, femmina e piccoli), a partire dal 21 settembre e fino al 10 ottobre, durante il bramito. La richiesta non è stata accolta argomentando che, per contenere la presenza della specie, è «necessario consentire il prelievo per tutto l'arco temporale».

La Provincia lascia però all'Associazione cacciatori la possibilità di mantenere in essere entrambi gli strumenti di gestione del cervo: la tutela delle aree di bramito e la pausa cinegetica.

Da un periodo, tra '800 e '900, in cui l'ungulato era pressoché istinto, il cervo ha poi riconquistato progressivamente l'intero territorio provinciale, il Trentino occidentale prima, quello orientale poi, a partire dalle reintroduzioni negli anni '60 nella Foresta demaniale di Paneveggio. La diffusione è confermata dal numero crescente delle assegnazioni e degli abbattimenti (vedi grafico).

I cervi e i caprioli da abbattere.

Alla vista, annunciata, c'è la revisione del Piano faunistico provinciale. Intanto, le "linee guida" si limitano alle stagioni veneratorie 2022-2023 e 2023-2024. Per il cervo, l'obiettivo è anche quello contenere la "competizione interspeficica", in primo luogo con il capriolo. In concreto, il via libera è all'abbattimento di 4.100 cervi, numero record, di cui 1.375 maschi e 1.407 femmine, con il numero più alto in Val di Sole (495, seguita da Primiero, 450, e Fiemme, 390). Nel 2021, erano 3.762 quelli da abbattere.

Quelli effettivamente disponibili nelle 209 riserve erano 3.471. Di questi ne sono stati abbattuti 2.960 (più quelli delle sei aziende faunistico-venatorie): 453 in più rispetto al 2020 (+18,1%). Per il cervo, la Provincia raccomanda all'Act di completare il piano di abbattimento, in particolare per le femmine, proprio per raggiungere l'obiettivo del contenimento.

Per il cervo, infatti, in 14 dei 20 ambiti territoriali omogenei l'obiettivo è il decremento e nei rimanenti 6 la stabilità del numero. Nel 2023, numeri ancora più alti: saranno 4.368 i cervi cacciabili.

Per il capriolo, il piano prevede di abbatterne 5.860 (2.341 maschi) quest'anno e 6.378 (2.540 maschi) nel 2023. Per questo ungulato, l'obiettivo gestionale è favorirne la diffusione in tutti gli habitat potenzialmente idonei. Per il camoscio, le assegnazioni (per classi di età e sesso) sono per ora orientative e tengono conto dell'evoluzione epidemica di rogna sarcoptica. Nel 2021, il piano di gestione del camoscio prevedeva 3.478 abbattimenti, quest'anno l'ente gestore ne ha previsto un numero più basso, 3.402, e c'è attendere l'approvazione del piano. Intanto, oggi parte la caccia sulla base delle assegnazioni del 2021, con l'indicazione di non superare il 40%. Per il muflone, il piano prevede 35 assegnazioni nette in Alta Valsugana, 67 in Fassa, 76 nelle Giudicarie, 14 in Primiero, 30 in Rendena, 5 in zona Sarca e 14 in Val di Sole. Il cinghiale da contenere.Come detto, per il cinghiale la caccia è sospesa, ma non per ragioni di tutela, in quanto l'ungulato è "attenzionato" e soggetto a controllo da parte di cacciatori abilitati e dai forestali. La Provincia considera la specie particolarmente problematica, estremamente dannosa per le colture agricole, per gli equilibri ecologici e per la stessa fauna selvatica. Una situazione aggravata dall'arrivo della Pesta suina africana che impone misure drastiche per ridurne in numero.

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