Impiego / La situazione

Lavoro precario, il Trentino primo in Italia. Luca Zeni: “Servono idee”

Il consigliere provinciale del Pd chiede al presidente Fugatti se sia a conoscenza della situazione, se abbia fatto qualcosa dal punto di vista di strategie e progetti e se non ritenga di dover mettere allo studio percorsi originali ed innovativi in materia di politiche attive del lavoro

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TRENTO. Trentino è primo in Italia. Ma di questa particolare classifica, che riguarda il lavoro precario, c'è ben poco di cui vantarsi: «Alla fine dell'anno 2021 la percentuale di occupati a tempo determinato, sul totale dei dipendenti in attività, risulta pari al 19,4% nella nostra provincia, a fronte del 16,3 in Alto Adige, del 16,4 della media nazionale e del 15,2 dell'intera "area euro". Si tratta di dati che si innalzano ancora se poi si va a verificare l'occupazione femminile ed il lavoro somministrato, cresciuto del 38,5% in Trentino».

A parlare è il consigliere Luca Zeni (Pd) che ha presentato un'articolata interrogazione riferendosi a questa «triste classifica». «Mentre la Giunta provinciale - prosegue Zeni - appare sempre più in affanno davanti alla mole di domande irrisolte che le contingenze da un lato ed alcune scelte politiche operate in questa legislatura dall'altro, i problemi crescono e concorrono ad un processo di progressivo indebolimento dell'autonomia e delle sue potenzialità che lascia sempre più perplessi. In tale contesto, il tema del lavoro, al di là di interventi emergenziali e di "risposte-tampone", sembra essere uno dei grandi nodi che, più d'altri, sconta la carenza di una visione complessiva e di una politica della programmazione degna di tale nome. Il Trentino è oggi il luogo, non solo in Italia ma a livello europeo, dov'è più elevata l'incidenza dell'occupazione precaria e momentanea, come ha evidenziato un approfondito studio dalla U.I.L. regionale».

Zeni quindi chiede al presidente Fugatti se sia a conoscenza della situazione, se abbia fatto qualcosa dal punto di vista di strategie e progetti e se non ritenga di dover mettere allo studio percorsi originali ed innovativi in materia di politiche attive del lavoro, come già avvenne nel 1983 con la creazione, prima in Italia, dell'Agenzia del Lavoro.

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