Credito / Il caso

La "frittata" della giunta, ecco perché è stato bocciato l'acquisto di azioni Itas (e Fratelli d’Italia con le minoranze attacca)

Durissimo Claudio Cia: «Lo avevamo detto, ci hanno derisi e insultati». E adesso che fine fanno i 2,85 milioni destinati all’affare? «Verranno dirottati altrove»

TRENTO. La Provincia non può entrare nel capitale di Itas Mutua come socio sovventore, con un apporto di 2,85 milioni di euro per sedersi nel Cda, come la giunta provinciale aveva intenzione di fare. Lo ha stabilito la Corte costituzionale, con una sentenza depositata la’altroieri, che ha cancellato la norma che la giunta Fugatti aveva infilato nel maggio scorso nella legge provinciale 7 con le misure straordinarie per fare fronte agli effetti economici della pandemia.

L'articolo di legge, che già in fase di discussione era stata molto contestata dalle opposizioni e da Fratelli d'Italia, che votarono contro, era stata impugnata dal Governo l'estate scorsa e la Corte costituzionale ne ha ora dichiarato l'illegittimità.

Una (ennesima) sconfitta per la giunta Fugatti, che adesso subisce anche il «fuoco amico» di Fratelli d’Italia: «Noi tre consiglieri di Fratelli d’Italia abbiamo votato contro. Avevamo chiesto alla Giunta e alla maggioranza di fermarsi, perché avevamo approfondito la questione e non stava in piedi, ma siamo stati derisi e sbeffeggiati». Claudio Cia, capogruppo di Fratelli d’Italia in consiglio provinciale, ricorda come il gruppo aveva provato ad avvertire la maggioranza di cui fa parte che l’ingresso in Itas non stava in piedi ma fu vissuto con fastidio dal presidente Maurizio Fugatti. «Ora la sentenza della Corte costituzionale - continua Cia - dimostra che avevamo lavorato bene e spiace che non siamo stati presi sul serio. Avevamo implorato Fugatti di fermarsi, avrebbe evitato un errore».

La consigliera provinciale di Fratelli d’Italia, Alessia Ambrosi, che aveva contestato in aula con forti argomenti anche giuridici l’ingresso in Itas ora commenta: «La sentenza della Consulta evidenzia l’estraneità di questa operazione rispetto alle finalità della Provincia, non essendo configurabile, né giustificabile, un legame di stretta necessarietà fra le attività esercitate da Itas spa e i fini istituzionali della Provincia, con il rischio di conseguenti inefficienze gestionali che, in definitiva, andrebbero a gravare sui contribuenti trentini. Oltre all’aspetto giuridico, noi di Fratelli d’Italia avevamo ritenuto quantomeno discutibile l’opportunità politica di una partecipazione in Itas da 2,85 milioni di euro inserita in un disegno di legge riguardante misure a contrasto della pandemia. Questi 2,85 milioni che avrebbero potuto e dovuto essere utilizzati per sostenere famiglie e imprese trentine in un momento di particolare difficoltà».

L’estate scorsa, dopo che il Governo aveva avvertito la Provincia della volontà di impugnare, in commissione il direttore generale, Paolo Nicoletti, rispondendo a Cia aveva sostenuto anche allora la legittimità dell’ingresso in Itas sostenendo che «nello Statuto di autonomia le competenze sono molto ampie e si ritiene che la partecipazione sia assolutamente legittima, considerando anche che si tratta di una proposta di partecipazione in qualità di socio sovventore che contribuisce con l'immissione di capitale allo sviluppo della società assicuratrice».

Invece secondo i giudici della Consulta, così come sostenuto dallo Stato, a norma di legge «le amministrazioni pubbliche non possono, direttamente o indirettamente, costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società». E nel caso specifico, la partecipazione in Itas per «l'erogazione di servizi assicurativi, a pagamento, in tutto il territorio nazionale» eccede il limite di legge «non essendo configurabile un legame di stretta necessarietà fra le attività esercitate dalla società Itas spa e i fini istituzionali della Provincia, restando ininfluente che la società rappresenti una realtà storicamente radicata nel territorio provinciale e la Provincia autonoma, ai sensi degli artt. 8 e 9 dello Statuto speciale, sia titolare di competenza legislativa primaria in alcune materie che riguardano anche l'economia del territorio».

Di più, questa partecipazione in Itas si inserisce in un settore che non può definirsi «strettamente necessario» al perseguimento dei fini istituzionali della Provincia o allo svolgimento delle sue funzioni, non rientrando l'attività assicurativa fra i «beni o servizi strumentali all'ente» avendo inoltre «effetti potenzialmente lesivi della tutela della concorrenza, atteso che, come questa Corte ha già avuto modo di affermare, le norme che disciplinano restrittivamente le società pubbliche strumentali sono, tra l'altro, "dirette ad evitare che soggetti dotati di privilegi svolgano attività economica al di fuori dei casi nei quali ciò è imprescindibile per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali"».

Insomma, la motivazione che il presidente Maurizio Fugatti aveva dato quando presentò il disegno di legge, parlando di «operazione di sistema» per «rafforzare e stabilizzare il rapporto con Itas» non hanno retto.

Le bordate arrivano anche dalle minoranze. «Puntuale come il sole al mattino, - scrive Sara Ferrari, capogruppo del Pd, - arriva l'ennesima bocciatura, da parte della Corte costituzionale, dell'ennesima norma, mal pensata e peggio scritta, da parte della giunta provinciale e della maggioranza che la sostiene».

«Il centrodestra - aggiunge Alessandro Olivi (Pd) - ha sempre detto che c'era troppa pervasività della Provincia in Trentino, ma questa scelta voluta pervicacemente dalla Giunta dimostra che predica bene e razzola male. E andando avanti così la giunta Fugatti rischia di far fare una pessima figura alla nostra Autonomia».

Filippo Degasperi (Onda civica) attacca: «Quella norma nasce dall'ossessione per le poltrone di questa giunta. Volevano un posto nel Cda di Itas a spese dei trentini con 2,85 milioni. Noi li avevamo avvertiti che non stava in piedi. Ora un minimo di imbarazzo lo proverei, sia i politici che hanno avuto l'idea che i tecnici provinciali che l'hanno avallata».

Il Patt, ricorda Paola Demagri, aveva invece deciso di astenersi.Ieri dopo la sentenza il presidente della Provincia, Maurizio Fugatti, ha commentato: «Rispettiamo la sentenza, ma ribadiamo le ragioni della nostra scelta che puntava a sostenere il sistema economico e sociale trentino nel suo complesso. Un ingresso in Itas avrebbe conseguito l'obiettivo di rendere il sistema economico trentino più forte».

La Provincia precisa che alla norma, in ogni caso, non era seguito alcun esborso, quindi quei 2,85 milioni «saranno dirottati altrove».

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