Guerra / La storia

Davide Menguzzato e i suoi amici ventenni: partiti con un furgone per la Romania, al lavoro in un centro Caritas al confine ucraino

«La solidarietà che arriva da ogni paese è enorme. E serve tutta. Ci siamo resi conto con qualche calcolo che tutto quello che abbiamo portato basterà per qualche giorno solo per la struttura nel convento. C'è bisogno di poco di tanti».

TRENTO. Sono partiti due giorni fa, perché «non è possibile stare a casa a far finta di niente». Tre giovani, che sono arrivati oggi in Romania, al confine dell’Ucraina, per portare aiuti a un centro Caritas dove si accolgono i profughi in fuga dalla guerra.

A guidare il van, Davide Menguzzato, 22 anni, seguito dall’amico toscano Benedetto Mucci, insieme ad un altro compagno di Trieste che si è aggiunto in viaggio.

Raccontano la prima giornata: «Oggi alle 13 siamo arrivati a Sighetu Marmatiei e abbiamo pranzato nel convento delle suore. Sighetu Marmatiei è una cittadina di 40000 abitanti molto vivace, che si trova sul confine con l'Ucraina. Il Fiume Tibisco segna il confine tra i due paesi e l'unico modo di passare frontiera in questa zona è costituito da un ponte che collega le due sponde, su cui vengono effettuati i controlli di frontiera.

In questo momento – scrive Menguzzato –  le persone che lasciano l'Ucraina in questa zona passano da Sighetu Marmatiei.

Dopo aver scaricato il pulmino nel convento ci hanno dato il compito di andare a prendere alla frontiera 5 persone che avevano varcato il confine e che avevano bisogno di un alloggio. Con noi è venuto Florian, rettore dell'Università greco ortodossa, che ha deciso di portare un manipolo di seminaristi qui per aiutare la struttura di accoglienza nel convento. Sono in gamba e parlano molto bene l'italiano.

Quando siamo arrivati alla frontiera queste cinque persone non c'erano già più perché erano ripartite; e però ci sono state affidate quasi immediatamente altre tre persone da portare nella struttura di accoglienza predisposta nel convento: due donne adulte e un bambina di quindici anni. Non avevano niente con loro se non uno zainetto, ma dai loro occhi si capiva che erano felici di aver trovato una sicurezza almeno per i prossimi giorni.

Mi hanno spiegato che succede spesso che si organizzino per conto proprio o che trovino altre strade rispetto a quelle espresse in fase di registrazione. C'è molta fluidità e le circostanze cambiano con rapidità.

Il centro di accoglienza del convento dista meno di 2 km dal ponte sul Tibisco. Parlando con volontari e personale amministrativo che gestisce la parte burocratica (verifica delle identità, documenti) le persone che arrivano molto spesso hanno già contattato o contattano nel giro di pochi giorni amici o parenti presenti in Romania, Polonia, Ungheria, Olanda, Germania, Slovacchia e Italia per continuare il viaggio e completare il ricongiungimento. Questa è una zona di passaggio per la maggior parte di loro. Ci sono poi anche persone che si trattengono dall'inizio e che non hanno nessun posto in cui andare, e che sperano di ritrovarsi nei prossimi giorni con parenti che devono ancora arrivare.

In generale il clima qui è di grande tranquillità.

Alla frontiera viene fatto un enorme lavoro di prima accoglienza. Ci sono tendoni riscaldati in cui vengono serviti pasti caldi, spazi per bambini con giochi e per anziani. C'è una macchina burocratica funzionante che registra gli accessi e dà i documenti. Ci sono interpreti e traduttori.

Sono numerose le associazioni e le organizzazioni internazionali che operano nella prima accoglienza: Croce Rossa, Ordine di Malta, Testimoni di Geova, Jewish Umatinarian Organisation, Rotary Club e moltissime associazioni minori delle quali è difficile capire il nome perché non hanno simboli riconoscibili e noti come quelli appena detti.

Alla frontiera la polizia e la gendarmeria Rumena sono cordiali e molto gentili. Sostanzialmente nessuno viene respinto e c'è una grande disponibilità da parte delle forze di pubblica sicurezza ad aiutare queste persone oltre che fare il loro mestiere di controllare la frontiera.

In questo momento il governo rumeno ha deciso di rendere gratuiti i biglietti del treno per i rifugiati in tutti gli spostamenti interni, e regala SIM a chi non ha modo di contattare i parenti e organizzarsi il viaggio. I volontari cercano di dare i telefoni. L'obbiettivo penso che sia quello di impedire il formarsi di un collo di bottiglia: quando ci sono più persone rifugiate di quelle che le città di frontiera possono accogliere, e contemporaneamente ne continuano ad arrivare altre. Si cerca quindi di facilitare gli spostamenti e il deflusso.

In questo momento nel centro di accoglienza del convento ci sono circa un centinaio di persone, ma il numero varia di giorno in giorno proprio per i motivi detti prima.

Qui li vedo tranquilli. Hanno delle camere comode, dei pasti caldi e i volontari della Caritas locale insieme alle suore cercano sopperire ai loro bisogni e creare un clima positivo, in cui si dialoga e ci si conosce.

Tuttavia è impossibile ignorare la tensione che che traspare dalle loro chiamate o da alcune loro frasi.

Oggi è arrivato anche un grande camion con aiuti da Irlanda e Francia, e lo abbiamo scaricato in un grande centro di raccolta della cittadina.

Questa sera – dice Menguzzato – siamo usciti per capire il clima che si respira in paese, e qui tutto sembra sereno. I giovani vanno nei pub, i bambini giocano alle giostre e le famiglie passeggiano nei marciapiedi. E il ponte è solo a 1 km dal centro città. Penso che sia stato fatto un grande lavoro di organizzazione e che funzioni molto bene in questa città. E da quello che mi dicono le suore e la Caritas, questo è possibile grazie alla mole delle donazioni.

La solidarietà che arriva da ogni paese è enorme.

E serve tutta.

Ci siamo resi conto con qualche calcolo che tutto quello che abbiamo portato basterà per qualche giorno solo per la struttura nel convento. C'è bisogno di poco di tanti».

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