Società / Il caso

Bambino autistico, alla madre viene negato l'orario agevolato: scoppiano le polemiche

Il medico raccomanda la presenza del genitore all’uscita della scuola, ma la cooperativa per cui lavora la donna non le permette di lavorare solo al mattino

di Francesco Terreri

TRENTO. Lavora in una cooperativa di pulizie che garantisce il servizio presso un ospedale trentino. Insomma fa parte di quei lavoratori e lavoratrici invisibili ma che in tutti questi mesi sono stati in prima linea nell'emergenza sanitaria. È mamma di un bambino autistico. Anche per questo motivo ha un contratto part-time che prevede di lavorare in fasce orarie alternate mattina-pomeriggio.

Il medico specialista che segue il figlio, però, raccomanda fortemente la presenza costante di un genitore quando il figlio esce da scuola. La lavoratrice, spalleggiata dal sindacato Filcams Cgil, chiede di poter lavorare la mattina e di poter seguire il figlio nel pomeriggio. Sono tre mesi che la richiesta è stata fatta, senza esito.

«È una famiglia operaia» spiega Luigi Bozzato della Filcams che insieme alla segretaria Paola Bassetti segue il caso. «Il padre lavora a tempo pieno, è la madre che può seguire più da vicino il figlio. Il bambino frequenta la scuola primaria con un programma e un insegnante di sostegno. Col neuropsichiatra ci sono periodici controlli. Di recente lo specialista ha raccomandato fortemente la presenza di un adulto di riferimento costante, un genitore, in orario extrascolastico, dopo l'uscita da scuola, altrimenti il ragazzo non sta bene».

Il figlio della coppia è un bambino con disturbi dello spettro autistico. Come dicono le associazioni, si tratta di bambini, e di persone adulte, «atipici», con comportamenti divergenti rispetto agli altri. Situazioni che, anche se non sempre, si possono accompagnare a sofferenza e a casi gravi. Così sembra essere nella vicenda della lavoratrice delle pulizie.

La mamma lavora part-time, alcuni giorni della settimana la mattina, altri il pomeriggio. «Da settembre - prosegue Bozzato - abbiamo chiesto al datore di lavoro, la cooperativa di servizi, di adattare l'orario di lavoro della dipendente a queste esigenze pressanti individuate dal medico. Abbiamo fatto fatica ad avere una risposta. Alla fine ci hanno detto che il servizio ne risentirebbe. Insomma un no».

La Filcams si è rivolta anche al consorzio a cui aderisce la coop. «Ma siamo arrivati a Natale senza una soluzione». Intanto la lavoratrice fa i salti mortali con gli orari ma non riesce a rispettare le raccomandazioni del medico specialista e il bambino ne risente.

«Vogliamo sollevare non il singolo caso ma il tema generale - sottolinea Bozzato - In Trentino, come in Italia, c'è un decremento demografico, si fanno pochi figli. Vogliamo andare incontro a chi decide di farli? A maggior ragione, vogliamo andare incontro alla famiglia se il bambino ha dei problemi?».

«Segnaliamo l'urlo di dolore del cittadino e della cittadina - rimarca Bozzato - Non tutti hanno la possibilità economica di seguire il figlio, questa è una famiglia di operai, la madre non può smettere di lavorare. Discutiamone. Non voglio pensare che non si riesca a trovare una soluzione. Stiamo parlando di una cooperativa, alla Cooperazione trentina diciamo: date gambe alle cose che dite».

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