Covid / Lo scandalo

Caso Nava, l’indignazione di Paolo Zanella: “Episodio che rischia di minare la credibilità dell’Apss”

Il consigliere provinciale di Futura contro il dirigente sanitario che ha fatto vaccinare la moglie giudice pur non essendo nelle categorie a rischio

TERREMOTO Nava lascia l'incarico

TRENTO - Bufera sul dirigente dell’Apss Enrico Nava, che ha rassegnato le dimissioni dopo che la moglie Alma Chiettini ha ricevuto il vaccino a gennaio pur non essendo nelle categorie a cui spettava.

Durissima la presa di posizione del consigliere provinciale di Futura, Paolo Zanella. “Che in questo quadro delicatissimo dal punto di vista bioetico – spiega l’esponente di minoranza – ci sia chi ha violato la sequenza vaccinale, come ha fatto il Direttore dell'integrazione socio sanitaria di Apss, favorendo la moglie giudice, è qualcosa che si commenta da solo, per il quale non ci sono giustificazioni e che rischia di minare la credibilità dell'azienda che si sta facendo carico proprio di garantire la giustizia distributiva dei vaccini. Speriamo sia solo un caso isolato”.

Estende poi il suo ragionamento. “Mai come in questo periodo storico ci si è trovati a dover governare il principio bioetico di giustizia.

Tale principio, assieme a quelli di beneficienza, non maleficenza (primum non nocere) e autonomia, è stato enunciato da Beauchamp e Childress in "Principi di etica biomedica" del 1979. Il principio di giustizia, in particolare, riguarda l'allocazione equa di risorse limitate.

Ne ho già parlato ampiamente un anno fa, quando iniziavano a scarseggiare i posti in rianimazione e ci si trovava di fronte a delle scelte. Lì la strada percorsa è stata, giustamente, quella di mettere in campo ogni risorsa umana e materiale per fare fronte all'emergenza, aumentano i posti letto di terapia intensiva, in modo da adeguare le risorse scarse alle richieste aumentate.

Negli ultimi mesi tale principio è tornato implicitamente al centro del governo della sanità. Dover garantire la copertura vaccinale di tutta la popolazione, a fronte di dosi vaccinali limitate, pone infatti un enorme problema di giustizia distributiva.

Non riuscendo ad adeguare rapidamente le forniture di vaccini ai fabbisogni, a causa dei noti problemi di approvvigionamento, si è reso necessario definire dei criteri per una distribuzione equa. Ecco perché è nato il piano vaccinale.

In tale piano si tiene conto fondamentalmente di due criteri per garantire una giusta somministrazione: il rischio di mortalità o di gravi conseguenze e quello di contagio.

Il cronoprogramma ha definito così alcune categorie da vaccinare in sequenza. Categorie non sempre definite nel dettaglio, aprendo a interpretazioni delle singole Regioni e Provincie Autonome.

Io per primo ho chiesto in Consiglio provinciale di dare un'interpretazione estensiva delle categorie, ad esempio di vaccinare nella prima fase le persone con gravi disabilità residenti in strutture (assimilabili ai residenti delle RSA) o gli/le addetti/e alle pulizie operanti in reparti CoViD-19 (assimilabili agli operatori sanitari). Estensioni interpretative che ho promosso - e che poi sono state accolte - sempre secondo un principio di rischio e quindi di giustizia.

Diversamente credo che nella definizione del piano, non sempre si sia rispettato questo principio. Mi riferisco in particolare all'aver previsto di dare priorità anche al personale sanitario che non entra mai in contatto con l'utenza e a quello amministrativo. Che senso ha, infatti, vaccinare una dirigente sanitaria o un segretario che lavorano in ufficio o in smart working? È una decisione assolutamente ingiusta, perché rallenta la vaccinazione di chi è effettivamente a rischio, andando a dare copertura vaccinale invece a chi ha un rischio assimilabile a quello della popolazione generale. Ovviamente stiamo parlando di persone vaccinate legittimamente, perché così previsto dal piano vaccinale, che in questa sua parte risulta comunque ingiusto. Speriamo che quello di Nava sia solo un caso isolato”.

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