Giustizia / La sentenza

Permesso di soggiorno anche se l'uomo ha una condanna

Sospesa la revoca a un giovane straniero in Italia da quando aveva 12 anni, integrato ma con un precedente per violenza sessuale 

TRENTO.  È stato condannato per violenza sessuale, eppure - almeno per ora - non dovrà fare le valigie e lasciare l'Italia dove vive con la famiglia da quado lo straniero aveva 12 anni. Il Tar di Trento ha infatti sospeso il provvedimento del Questore che aveva revocato il permesso di soggiorno di lungo periodo proprio alla luce della sentenza di condanna (non ancora definitiva) per violenza sessuale a 2 anni e 4 mesi di reclusione.

Secondo i giudici amministrativi, che nell'ordinanza cautelare citano giurisprudenza consolidata in materia, l'allontanemento dal nostro Paese anche di fronte ad una condanna per un reato ogettivanente pesante e odioso non è automatica ma deve essere oggetto di un motivato bilanciamento tra la presunta pericolosità sociale del giovane (25enne, lavoratore dipendente, incensurato prima del procedimento per violenza sessuale) e il suo diritto a mantenere i legami con la famiglia che vive ed è integrata in Italia.

Nel motivare l'ordinanza e la sussistenza del fumus boni iuris, il Tar rileva che «nel caso dei soggiornanti di lungo periodo il diniego e la revoca del permesso di soggiorno non possono essere disposti per il solo fatto che l'interessato abbia riportato sentenze penali di condanna, ma richiedono un giudizio di pericolosità sociale e una motivazione articolata su più elementi, che tenga conto anche della durata del soggiorno sul territorio nazionale e dell'inserimento sociale, familiare e lavorativo dell'interessato, escluso ogni automatismo tra provvedimento sfavorevole e condanne penali».

Nel caso del ricorrente, assistito dagli avvocati Walter Drusian e Matteo Giuseppe D'Anna, il Tar scrive che trattasi di un soggetto che non ha altri precedenti penali, dall'età di dodici anni, unitamente ai propri familiari, vive in Italia, ove ha completato il ciclo scolastico e lavora; di conseguenza l'amministrazione avrebbe dovuto adeguatamente esplicitare in motivazione la ragione per cui i fatti per i quali il ricorrente è stato condannato in sede penale, peraltro ad una pena non lieve e per un reato odioso come la violenza sessuale, comportano - nella ponderazione comparativa dei contrapposti interessi - la prevalenza delle pur evidenziate "ragioni di sicurezza ed ordine pubblico" sull'interesse del ricorrente a permanere sul territorio dello Stato e a mantenere i legami con la famiglia, sì da evitare che in futuro il ricorrente medesimo possa rendersi responsabile di ulteriori reati; invece il Questore ha utilizzato in motivazione formule stereotipate, dalle quali non si evince se siano state adeguatamente ponderati e comparati, in concreto, tutti gli aspetti della vicenda per la quale il ricorrente è stato condannato con i diversi aspetti della condizione personale, familiare e lavorativa del ricorrente medesimo».

Il giovane dunque per ora può rimanere ancora in Italia con la sua famiglia, ma nulla vieta che il questore proceda ad una rivalutazione della posizione del ricorrente «tenendo conto delle considerazioni che precedono - conclude il Tar - ferma restando la prioritaria esigenza di consentire la permanenza sul territorio nazionale solo a coloro che soddisfino i requisiti richiesti dalla predetta disposizione. L'udienza al Tar per le decisione nel merito è stata fissata per l'8 di luglio».

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