Il messaggio del piccione viaggiatore (austroungarico) ritrovato dopo 103 anni

di Giuliano Beltrami

BONIPRATI - Francesco Bologni (presidente dell’Associazione che gestisce il Museo della Grande Guerra di Bersone) è un entusiasta per natura. Lo era a 17 anni, quando aveva dissepolto con il suo bravo metaldetector già 500 pezzi della guerra dalle montagne nelle quali il tempo li aveva nascosti.

Ma stavolta l’entusiasmo deborda. Tutto merito di un signore di Bersone, Thomas Bugnella, che farà omaggio al Museo di un pezzo... raro? Macché! Unico.

Si tratta del bussolotto che veniva applicato sotto le zampette di un piccione viaggiatore per portare le informazioni fra un comando e l’altro del fronte.

Thomas di mestiere fa l’elettricista, ma anche lui è rapito dalla passione del metaldetector. «Abbiamo un fienile sull’altopiano di Boniprati, e l’estate ci passiamo la domenica. Dopo aver mangiato la polenta andiamo a fare un giretto». Con il metaldetector... «Con i bambini. Sono affascinati, perché salta fuori un po’ di tutto: scatolette, lattine.

Quando arriviamo a casa ripongo il materiale in un secchio e non ci penso più. Ho trovato questo bussolotto, anch’esso finito nel secchio. In novembre, rovistando fra gli oggetti trovati, come si fa ogni tanto, mi è saltato in mano anche il bussolotto: un piccolo cilindro di tre centimetri di lunghezza per uno di spessore, con attaccati i gancetti che poi avrei scoperto essere quelli che si agganciano alle zampe del piccione.

Mi sono messo a guardare su Internet per capire cosa fosse, e ho scoperto la vicenda dei piccioni. Ho visto il contenitore e ho detto subito: ma questo io ce l’ho».

Una domenica mattina, nella casa di Thomas, Anna e dei due bambini la curiosità è esplosa, ripresa in un simpatico video. Complicato capire come si aprisse il piccolo cilindro. «D’altronde volevo aprirlo senza romperlo per capire se contenesse qualcosa. Avrei detto di no – racconta Thomas – da tanto era leggero». Invece? Invece sì». Intanto va detto che la sicurezza imponeva che dentro il bussolotto (in alluminio) ce ne fosse un altro. Entrambi protetti da una sigillatura perfetta. Tant’è che la carta, dopo oltre un secolo di sepoltura nel terreno, nel quale certamente è passata l’acqua, è perfettamente asciutta.

Sì, perché dentro il bussolotto c’era un foglio di carta sottilissima, grande come una cartolina, arrotolato strettissimo per stare dentro lo spazio angusto di tre centimetri per uno. Quando è uscito dall’involucro ha sollevato la battuta di Anna: «Sarà mica una fattura!».

No. Messaggio in tedesco, naturalmente, perché è lo scambio fra due posti del fronte austro-ungarico, mandato a meno di due mesi dalla fine della guerra. Poche parole in codice. Tradotto: «22 settembre 1918 - 10,45 - Weber Reuter - registrazione dell’arrivo di tre piccioni - Passo del Frate - posizione non variata - temperatura calda». E sotto c’è la firma, purtroppo indecifrabile.

Piccioni viaggiatori. Bologni racconta di Forte Corno, sopra Praso, «nel quale c’è una sala descritta nelle mappe originali come deposito dei piccioni viaggiatori». Insomma, se ne faceva un largo uso nelle comunicazioni fra una postazione e l’altra del fronte.

Dalla prossima estate il bussolotto campeggerà in un’apposita teca nel Museo di Bersone.

«Con la speranza di poter aprire» auspica Francesco Bologni, che l’estate scorsa ha organizzato a Forte Corno, su suggerimento dell’Amministrazione comunale di Valdaone, tre laboratori per le famiglie intitolati «Sui campi di battaglia».

«Uscivamo con il metaldetector con l’obiettivo di creare futuri ricercatori». E qui la voce si fa vibrante: «Ricercatori etici. Perché quando hai fatto una buca la devi chiudere per rispetto della natura, ma anche di chi magari qui è morto».

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