La rete di jihadisti a Merano Krekar verso l'estradizione

La Corte Suprema norvegese ha respinto l’appello presentato dal mullah Krekar contro l’estradizione in Italia

La Corte Suprema norvegese ha respinto l’appello presentato dal mullah Krekar contro l’estradizione in Italia dove è sospettato di essere a capo di un gruppo che voleva instaurare un califfato al posto del governo eletto in Kurdistan e di preparare attentati in Europa.

La decisione spiana la strada alla consegna di Najmaddin Faraj Ahmad, il suo vero nome, alla giustizia italiana. Il suo avvocato Brynar Meling ha comunque preannunciato che chiederà al dipartimento di giustizia di bloccare il provvedimento di estradizione. Il gip di Trento Francesco Forlenza ha confermato un anno fa la carcerazione per il mullah Krekar.

Il mullah Krekar, 60 anni, è il fondatore del movimento curdo-iracheno Ansar al Islam (I partigiani di Dio) e la sua lunga storia giudiziaria si incrocia anche con l’Italia.

L’uomo è approdato in Norvegia nel 1991 con la famiglia ed ha ottenuto lo status di rifugiato. Dopo gli attentati dell’11 settembre è stato più volte arrestato e rilasciato dalle autorità di Oslo. Dalle indagini svolte sono emersi suoi contatti con i vertici di Al Qaeda ed in una perquisizione gli è stata sequestrata un’agenda che conteneva il numero telefonico di Al Mussab Al Zarqawi. Indiscrezioni hanno riferito anche di un tentativo della Cia - sventato dalle autorità norvegesi - di «prelevare» Krekar da Oslo in un’operazione di «extraordinary rendition» simile a quella fatta a Milano per Abu Omar.

In un’operazione svolta l’anno scorso dal Ros è poi emerso il ruolo del mullah come leader di un’organizzazione - «Rawti Shax» con diramazioni in tutta Europa, Italia compresa, attiva nel proselitismo, reclutamento e sostegno logistico di aspiranti terroristi, disposti anche a «saltare in aria», da inviare in Siria e in Iraq.

Uno degli arrestati, Abdul Rahman Nauroz, è risultato, secondo gli investigatori, «particolarmente attivo nell’attività di reclutamento», «sia attraverso internet, sia attraverso «lezioni» che teneva nel proprio appartamento di Merano, luogo di riunioni segrete e crocevia di aspiranti jihadisti».

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