Trento, finisce in Tribunale a vincita da 1.810 euro

Usando un linguaggio bersaniano potremmo definirla una non vittoria, o meglio una non vincita.

Gli ingredienti ci sono tutti: prima la gioia, irrefrenabile, per una scommessa sportiva vincendo in un Punto Snai prima 507 euro e poi, rilanciando 1.810 euro; dopo la delusione, bruciante, perché i soldi non sono mai arrivati. Sulla “paternità” della vincita ora si litiga tanto che la vicenda ha imboccato le strade della giustizia penale.

Imputati per appropriazione indebita aggravata e minacce sono la titolare del Punto Snai di piazza Venezia 13 e i due figli, difesi dall’avvocato Sabina Zullo. Sono accusati di essersi intascati i 1.810 euro della vincita che, secondo l’accusa, apparterrebbe a due ragazzi di Trento, costituiti parte civile attraverso gli avvocati Gennaro Romano e Giuliano Valer.

I due avrebbero compilato e giocato la schedina vincente senza però mai ricevere dal gestore del punto scommesse il denaro. Anzi, sarebbero anche stati insultati e minacciati con frasi non proprio simpatiche come «trentini di merda...» e «sappiamo in che squadra giochi, ti facciamo spezzare le gambe...» (una delle parti lese è infatti un giocatore di calcio conosciuto in città).

Gli imputati da parte loro respingono fermamente tutte le accuse. Sostengono di aver agito correttamente e spiegano che la schedina è stata pagata al legittimo proprietario, come indicato dalla stessa Snai.

Ieri alla prima udienza del processo, davanti al giudice Giovanni De Donato, i legali di parte civile hanno ottenuto un primo successo. Il giudice ha accettato la richiesta di chiamare in giudizio quale ipotetico responsabile civile anche il colosso delle scommesse Snai spa. La parte civile chiede infatti 7.500 euro a testa di danni.

Per capire i contorni dell’intricata vicenda occorre fare un passo indietro e tornare al 18 dicembre del 2013. Quella sera le odierne parti lese entrarono al Punto Snai di piazza Venezia vincendo 507 euro. Questo almeno è quanto sostiene l’accusa. La ricevitoria, adducendo la mancanza di liquidità in cassa, non pagò subito la vincita. I due amici  decidevano di utilizzare i 507 euro per un’altra giocata che riguardava cinque eventi sportivi di basket e pallavolo.

Quel giorno i due giovani scommettitori erano baciati dalla dea bendata: le gare su cui avevano puntato andarono nel verso giusto, producendo una vincita di 1.810,83 euro.

Il 20 dicembre i due giocatori tornarono al Punto Snai per definire le modalità di incasso.

Temendo problemi, fotografarono la schedina vincente, che - sostengono - fu consegnata al titolare della sala. Come ulteriore cautela azionarono il registratore del telefono (la trascrizione è ora agli atti).

In quell’occasione fornirono ai titolari del punto scommesse le loro coordinate bancarie. Trascorsero alcuni giorni, passò il Natale, ma dei soldi neppure l’ombra. Il 27 dicembre uno dei due giocatori si presentò al Punto Snai insieme al padre ma, a detta dei due, l’accoglienza non fu delle migliori: non solo la vincita non veniva riconosciuta, ma il padre del ragazzo sarebbe stato addirittura spintonato.

Intervennero anche i carabinieri ai quali venne detto che la diatriba sarebbe stata risolta in via bonaria.
Di bonario in questa vicenda c’è, per ora, ben poco. I due giocatori a questo punto si affidarono all’avvocato Romano che scrisse una diffida ad adempiere al Punto Snai di piazza Venezia e alla stessa Snai Spa. Quest’ultima replicò che la vincita andava pagata a chi possedeva il tagliando originale, disinteressandosi di quanto era accaduto a monte.

Alla fine il tagliando vincente venne pagato, non a chi ne rivendica la proprietà, ma al figlio della titolare del Punto Snai.

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