Nicola Arnoldi, l'ingegnere trentino che lavora a Sky

Nicola Arnoldi è a Londra dal 2012: «Qui pochi dirigenti e tanti che fanno»

di Matteo Lunelli

La famosa banda larga. Per semplificare, quella che ci permette di essere connessi a internet, di mandare un messaggio WhatsApp anche da posti isolati, di telefonare da ogni luogo. Negli ultimi anni se ne sente parlare sempre di più, vista la volontà di espanderla, visto l'arrivo della fibra ottica e vista l'esigenza di andare più veloci ovunque. Anche in una città con oltre otto milioni di abitanti, come Londra. E chi è l'ingegnere delle telecomunicazioni che fornisce la banda a milioni di cittadini di Sua Maestà? Con un pizzico di orgoglio tipicamente autonomista non possiamo che rispondere un trentino. Nicola Arnoldi: classe 1982, ex Galilei, laureato in ingegneria, da quattro anni vive e lavora nella City a Sky. Sky che per noi è quasi esclusivamente sinonimo di televisione, ma che nel Regno Unito è anche e soprattutto un provider di internet. 

«Sono qui dal novembre 2012, prima come network design engineer e ora come network architect: in pratica il mio lavoro è definire le prospettive strategiche della rete per un'azienda che è un vero e proprio colosso. Il lavoro mi entusiasma, la città anche: ho da poco comprato casa nella zona sud con mia moglie Roberta, una wedding photographer marchigiana che ho conosciuto a Londra». 

E tutto è iniziato, come nelle storie americane, da una banale telefonata. «Dal 2007 lavoravo a Trentino Network. Un giorno, per caso, una telefonata: era un recruiter che mi proponeva di iniziare un percorso di selezione per un posto di lavoro in una azienda. Non poteva dire il nome e darmi troppe indicazioni: all'inizio parlava di una sede italiana, e ho rifiutato. Poi ha accennato di chance all'estero e ho deciso di provarci». 

Da quella prima telefonata inizia un lungo, o meglio intenso, percorso. «Ho affrontato una serie di colloqui, telefonici e poi in video chiamata. Alla fine, con tre giorni di preavviso, mi hanno chiesto di andare a Londra per il confronto decisivo. Non avevo nulla da perdere e sono andato tranquillo. Prima dell'ultima domanda il manager mi ha detto che io e l'altro candidato eravamo alla pari, e che l'ultima domanda sarebbe stata decisiva». Giusto per non mettere pressione e tensione. «Mi poneva un problema e ho trovato le due soluzioni, diciamo A e B: erano assolutamente equivalenti, perfettamente identiche. Mi ha chiesto quale avrei adottato. Alla fine ho detto "Boh, facciamo la B". "Ok, il posto è tuo. Hai vinto", mi ha risposto. Solo anni dopo ho scoperto che l'altro candidato insisteva nel dire che le soluzioni erano equivalenti e non ha saputo scegliere. Io ho preso il lavoro perché ho saputo decidere». 

Nicola Arnoldi viene assunto. Torna a Trento, affitta un furgone e con il padre e un amico parte e va a Londra. Nei primi tempi è ospite di un amico, dorme su un materassino gonfiabile. Poi trova un appartamento. «Ricordo ancora quel viaggio in furgone. Ho preso le valigie, ho riempito il bagagliaio di farina di Storo e Teroldego e ho iniziato la mia avventura. Iniziare a lavorare lì è stato come aprire la finestra e prendere una boccata di aria fresca. Hanno scommesso su di me, mi sentivo responsabilizzato ma mi hanno dato subito carta bianca: dopo anni di timore reverenziale, di sensazione di andare avanti con il freno a mano tirato tutto è cambiato. Adesso mi sento apprezzato sia per quello che so fare sia per quello che non so fare. Una stretta di mano quando faccio qualcosa di buono e una strigliata quando sbaglio sono cose forse banali, ma dimostrano che esisto». 

Un italiano, un trentino che si fa strada. «All'inizio il gap di esperienze e competenze si faceva sentire, poi le cose sono migliorate. Credo che noi italiani potremmo "dare la biada" a chiunque, grazie al nostro senso pratico, alla cura dei dettagli e alla visione di insieme che altri non hanno. E poi aggiungiamo quel pizzico di furbizia e creatività che non fa mai male». 

Viene da chiedersi perché queste doti vengano apprezzate più all'estero che non qui, inteso sia come Italia sia come Trentino. «Dalla mia esperienza posso dire che ci sono ambienti dove si fatica a esprimersi professionalmente: fare cose nuove e anche fare le cose vecchie in maniera nuova è praticamente impossibile. L'estero non è il paradiso, la differenza è che se c'è qualcosa che non funziona si cerca di porvi rimedio e si cambia. Da noi no, si rattoppa e basta. E poi siamo pieni di gente che dirige qualcuno ma non c'è nessuno che fa le cose. Qui invece è pieno di gente che fa cose e i dirigenti sono quei due che approvano le ferie». 

Un contributo al Trentino, però, Nicola Arnoldi riesce a darlo. «Tramite l'Università vengo a tenere un seminario ogni anno sulla progettazione delle reti, perché si può fare formazione semplicemente ascoltando dei racconti. Gli studenti sono contenti, sentono cose concrete e pratiche e io sono soddisfatto di poter contribuire a loro bagaglio formativo».

Londra, e non si può non parlare di Brexit. «Quel risveglio dopo il voto è stato orribile, in ufficio sono stati giorni di musi lunghi. Il sentimento comune di tutti gli europei che lavorano qui era quello di sentirsi rifiutati. Ma Londra senza stranieri è morta: in ospedale si partorirebbe da soli, al ristorante nessuno ti servirebbe, un muro non lo costruirebbe nessuno e potrei andare avanti ancora. In ogni settore ci sono migliaia di lavoratori stranieri. A livello culturale è stata una bruttissima botta, la mia generazione è cresciuta con il mito dell'Eu. Per ora non è cambiato nulla. In futuro, chissà».

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