«Santa Chiara, urgente intervenire subito» Il direttore Bordon elogia gli ospedali di valle

di Patrizia Todesco

È trascorso quasi un mese dal suo insediamento e Paolo Bordon, direttore dell'Azienda sanitaria trentina, dopo aver girato e conosciuto meglio le strutture sparse sul territorio, dai distretti agli ospedali, ora ha le idee chiare sulle priorità e i bisogni della sanità trentina. Dalle criticità logistiche del Santa Chiara che ha bisogno di lavori in attesa della realizzazione del nuovo ospedale, alla necessità di dare un mandato nuovo agli ospedali di valle e ai servizi sul territorio. Il tutto partendo dalla consapevolezza che il Trentino parte comunque da un livello alto. 

Dottor Bordon, il Santa Chiara è l'ospedale di riferimento per il Trentino ma le condizioni della struttura non sono ottimali e il nuovo ospedale non vede ancora la luce. Che idea si è fatto?

Il S. Chiara è una struttura con professionisti di eccellenza, ma con evidenti problemi logistici. Ci sono reparti che sono stati sistemati, ma ce ne sono altri in uno stato non ottimale, per non usare termini peggiori. Penso alla neurochirugia. I professionisti si chiedono se ci sarà mai un nuovo ospedale. Io dico che la soluzione finale ci sarà perché è tra i mandati che ho ricevuto con forza dalla Provincia, ossia lavorare insieme ai Lavori Pubblici per riuscire a far partire quanto prima la gara. Su questo ho già fatto due riunioni con i miei collaboratori e l'ingegner De Col ed entro luglio di quest'anno uscirà il bando per il concorso di progettazione. Adesso stiamo rivedendo i contenuti sulla base anche delle indicazioni fornite dai professionisti coordinati dal dottor Grattarola. 

Cosa cambierà rispetto al vecchio progetto?

L'ospedale di Trento deve far fronte alle esigenze dell'ospedale di rete per una comunità che vive a Trento e dintorni, ma assolve anche alla funzione di rispondere alle urgenze e alla traumatologia di tutta la Provincia. Questa mission, aggiunta soprattutto al maggior utilizzo dell'elicottero, ha aumentato la casistica degli interventi più complessi. In questo momento l'ospedale di Trento non riesce, con la gestione delle terapie intensive, ad avere uno sfogo organizzativo per gestire anche queste urgenze in più rispetto all'attività programmata. Il problema è che non possiamo arrivare al nuovo ospedale senza avere affrontato alcuni aspetti e questo è prioritario. Il nuovo ospedale, è ovvio, avrà una terapia intensiva più ampia ma alcuni interventi di manutenzione sul S. Chiara da qui al nuovo ospedale andranno fatti. Non possiamo permetterci di rimanere cinque anni in una situazione non consona a una realtà come quella trentina. 

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E a quali interventi sta pensando?

Stiamo individuando le priorità. A me ha colpito neurochirurgia, ma comunque stiamo individuando una serie di soluzioni che, purtroppo in una gioco di incastri di posti, dovremo andare a negoziare. Io mi sento in obbligo di dare risposte alle richieste dei professionisti.

Per lei è tempo di nomine e di riorganizzazione. 

Prima di fare riorganizzazioni facili sulla carta ma rischiose sugli effetti, ho chiesto un minimo di tempo. Il dottor Dario, nuovo direttore sanitario, arriverà il 20 giugno. Ho attribuito la funzione di direttore amministrativo a Tullio Ferrari. Gli ho chiesto di provare questa esperienza e faremo un bilancio a fine anno. A me piace l'idea di valorizzare le risorse interne perché ho rilevato un livello di eccellenza.

Dunque non dobbiamo aspettarci una «colonizzazione» veneta? 

Io sono contro questa ipotesi. Bisogna trovare un mix. La Provincia ha scelto di prendere un direttore generale esterno e a me farebbe piacere un mix tra competenze esterne e interne. 

Il dottor Flor aveva a volte sofferto dell'ingerenza della politica nel suo mandato. Le ha dato qualche consiglio prima di arrivare qui? 

Flor lo stimo molto ma di questo aspetto non abbiamo parlato. Io ho apprezzato la modalità di selezione al concorso e l'approccio successivo. Nessuno mi ha parlato di nomine di collaboratori ma solo di obiettivi, ossia far partire il nuovo ospedale, dare certezza al mandato degli ospedali di valle e risistemare un apparato che ha bisogno di una fase di rilancio. Una volta a settimana faccio un incontro con l'assessore: non è un'ingerenza ma un lavoro utile. 

Capitolo Protonterapia. Che prospettive ci sono?

Stamattina ho parlato anche con il rettore. È un punto di eccellenza e va sfruttata al massimo. Compito mio è riuscire a promuovere e far conoscere questo strumento in maniera capillare, sia a livello nazionale che internazionale, per portare qui pazienti e ricercatori. 

Appena arrivato lei ha fatto grandi elogi alla sanità trentina. A distanza di un mese ha rilevato qualche criticità?

Criticità del S. Chiara dal punto di vista infrastrutturale nella consapevolezza che sono ritocchi da fare rispetto al disegno finale, criticità per quanto riguarda situazioni non definite negli ospedali di valle dove c'è da garantire la mission già tracciata sulla carta. Io dico che dopo aver completato il giro anche in periferia, ho la certezza che senza questi ospedali il sistema crollerebbe. Tra le varie cose mi è piaciuto molto il percorso nascita di Tione e credo che sia un modello di riferimento non solo provinciale, ma nazionale.

Visto che tocca la questione punti nascita, c'è davvero bisogno di aspettare la decisione di Roma per decidere?

La Provincia ha fatto dei ragionamenti. Quello che si aspettano gli operatori e i cittadini sono risposte certe. La risposta sarà imminente. 

C'è il problema del personale difficile da reperire, soprattutto per andare negli ospedali di valle. La mobilità è la soluzione?

Dobbiamo prendere atto che il mercato dei professionisti oggi è in crisi e domani lo sarà ancora di più. Non troveremo tutti i professionisti che ci servono in questa fase con l'attuale organizzazione. È un discorso complesso. Da un lato c'è una leva che può esercitare la Provincia agendo sull'integrativo e l'Azienda può essere un'alleata per trovare formule che mettano insieme strumenti incentivanti con possibilità di rotazione. Se vogliamo mantenere il livello di professionalità dei medici va garantita una certa casistica. 

Un'ultima domanda sui tempi d'attesa e l'appropriatezza delle prescrizioni. I trentini non sono pienamente soddisfatti.

Ho guardato i dati. A fronte di 1 milione e mezzo di prestazioni il 97% nel 2015 sono nei tempi previsti da Rao. Dobbiamo migliorare questa percentuale? Faremo di tutto per farlo ma dobbiamo essere consapevoli dal livello da cui partiamo. Anche sull'appropriatezza prescrittiva si può migliorare, ma anche in questo caso partiamo già da ottimi livelli.

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