Nascite, dalle valli già molte migrazioni A breve l'incontro con la ministra Lorenzin

di Patrizia Todesco

Si dovrà attendere l'incontro tra la ministra Beatrice Lorenzin e i governatori Rossi e Kompatscher (si attende la conferma per giovedì) per capire se davvero non ci sono margini di trattativa e possibilità deroghe per quanto riguarda la chiusura dei punti nascita con meno di 500 parti all'anno.

Intanto un gruppo di coordinamento tra tutte le realtà di montagna coinvolte nella riorganizzazione dei piccoli ospedali sta lavorando con l'obiettivo di offrire una proposta alternativa alla chiusura. Proposta che ha come punto di forza la mobilità dei medici che si dovrebbero spostare da un punto nascita all'altro evitando quindi che ci siano professionisti superindaffarati e altri, spesso a contratto, che attendono giorni prima di vedere una partoriente.

Intanto, per capire anche le conseguenze di una possibile rivoluzione dei punti nascita, l'assessorato alla salute ha effettuato una fotografia della situazione attuale. Fotografia che va oltre il numero dei parti nei diversi punti nascita. Innanzitutto va detto che nel 2013 (ultimo dato disponibile) 487 donne residenti in Trentino hanno partorito fuori provincia, esattamente 222 a Bolzano, 152 in Veneto e 113 in altre regioni. Del totale fanno parte 93 donne del Primiero (solo altre 7 hanno partorito in Trentino), ma anche 99 donne della Valle dell'Adige, 59 della Vallagarina e 37 della Rotaliana.

Analizzando poi le migrazioni delle donne delle valli dove sono situati i punti nascita a rischio chiusura, ossia Tione e Cavalese, va detto che per quanto riguarda la valle di Fiemme e Fassa, ad esempio, nemmeno se tutte le partorienti andassero a Cavalese si raggiungerebbero i 500 parti. Nel 2014, ad esempio sono state appena 15 le donne della valle di Fiemme e Fassa che hanno partorito a Trento e 32 (il dato è del 2013) quelle che si sono rivolte fuori Provincia (la maggior parte a Bolzano).

Ad aumentare i numeri di Cavalese anche nel 2014 ha contribuito, anche se con numeri bassi, la val di Cembra in quanto in 13 donne hanno optato per il punto nascita fiemmese (in 95 sono andate a Trento). 
Diverso il caso di Tione dove la fuga è evidente. Tra le donne delle Giudicarie in 98 lo scorso anno sono andate a partorire a Trento, 39 a Rovereto, 3 a Cles, 25 ad Arco e appena 128 a Tione. Altre 21 donne delle Giudicarie sono poi andate fuori provincia.

Più fedeli le donne della val di Non e Sole: 358 sono quelle che sono andate a Cles, 68 a Trento e altre 35 fuori provincia. Cles, grazie anche al fatto che l'unico centro dove viene garantita l'analgesia epidurale, attira pazienti anche dalla valle dell'Adige (7), dalla Rotaliana (34), dalla Paganella (11), dalla Vallagarina (11), dalla Valsugana (4), dall'Alto Garda (2) e dalle Giudicarie (3). Molti esodi anche dalla zona di Arco dove i parti sono stati nel 2014 383, quindi ben sotto i 500. Delle mamme dell'Alto Garda e Ledro (443 totali) 284 hanno partorito ad Arco, 108 a Rovereto e 49 a Trento.

Va detto che quando si parla di chiusura di punti nascita, va ricordato che in Provincia si sta lavorando anche per l'istituzione di un «servizio percorso nascita». Questo prevede lo sviluppo dell'offerta consultoriale e ambulatoriale per la gestione territoriale della gravidanza; la diffusione dei corsi di accompagnamento alla nascita; la continuità dell'assistenza ostetrica con ostetrica di riferimento durante il travaglio di parto e infine dimissioni protette delle puerpere e dei neonati promuovendo il tempestivo ritorno al territorio (consultorio e pediatra di libera scelta) e assistenza durante il puerperio.
Nelle valle Giudicarie è attualmente stato messo a punto un servizio di questo genere sperimentale.

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