La proposta-provocazione: «I profughi? Stop traffici Andiamo a prendere noi chi rischia la vita»

di Franco De Battaglia

I profughi in fuga da guerre, carestie, miserie? Meglio andare a prenderli direttamente, piuttosto che lasciarli alla merce’ dei trafficanti di uomini, delle mafie internazionali e delle bande di predoni che imperversano in molte zone del Nord Africa. Una provocazione? No, un tema di riflessione e di dibattito, aperto sul nostro giornale dalla lettera di un lettore raccolta da Franco de Battaglia, nella sua rubrica «Sentieri» che vi riproponiamo qui di seguito.

«Caro de Battaglia, sarò un povero visionario, un pazzo, ma ti voglio coinvolgere in un’idea che forse è pura utopia, un progetto forse irrealizzabile, certamente provocatorio, ma che devo esprimere se non altro per tener alta una speranza umana, ancora più necessaria ora che le coste della Libia sono in fiamme e la guerra si avvicina ai nostri confini. Mi sono chiesto: cosa può fare l’Italia, cosa possono fare le altre nazioni coinvolte nel salva-migranti, disperati, provenienti non solo dalla Libia, ma dalla Costa d’Avorio, dal Mali, dal Ghana? Solo grandi funerali, ricoveri a moribondi e sistemazioni più di larve umane che di uomini, i quali resteranno tragicamente segnati a vita?
Il flusso dei barconi, le carrette della morte non si fermeranno mai, non si fermano neppure con la guerra, Anzi aumenteranno, e aumenterà il disprezzo della vita altrui … Questi poveri Cristi vengono prima dissanguati dei loro risparmi, poi ridotti in schiavitù in lavori forzati, infine gettati a mare .. sulla porta delle nostre case.
L’altra mattina mi sono alzato con questa idea provocatoria, appunto: a mali estremi, estremi rimedi. Perché, mi sono chiesto, il mondo del benessere, dei potenti, non potrebbe andare a prenderli a casa loro i potenziali condannati a morte sicura con della navi o imbarcazioni almeno capaci di galleggiare (non occorre mica la Costa crociere!)… E sul giornale di bordo si potrebbe segnare «Zero morti, zero feriti …». E anche «Zero delinquenti professionisti a bordo», dopo seri controlli della polizia.
Durante il viaggio ci sarebbe modo di verificare le caratteristiche professionali dei salvati, forse di indirizzarli a qualche possibilità di lavoro, con un igienico bagno caldo accompagnato da una stretta di mano. «Operazione Gratis», potrebbe essere chiamata, lasciando nelle loro tasche le monete dei risparmi. Si scoraggerebbero anche gli sciacalli della morte e si eviterebbe il carico d’odio e di frustrazione che chi sbarca, dopo tante violenze, inevitabilmente porta con sé. Ci sono dei costi? Certo che ci sono. Ma i costi ci sono anche oggi: funerali, ricoveri, ospedali, vestiario, spese per pattugliamenti e controlli costieri. Non sono forse questi costi reali? Tutti noi potremo pure fare qualcosa, spendiamo oltre che per il «Gratta e vinci» anche per il televoto di Sanremo! E il nostro stupefacente mondo del volontariato potrebbe essere utile a dare un appoggio. Ricordiamoci che una sola persona salvata vale il rischio, vale un impegno coinvolgente per sconfiggere, o limitare, questa terrificante odissea di nostri simili».
Italo Leveghi - Trento

«Caro Leveghi, oggi non c’è nulla di più rivoluzionario del buon senso, e la sua proposta appare sì paradossale, ma solo perché il mondo si è avvolto in una incapacità di giudizio e di azione che lo sta portando all’abisso. Le «carrette» non si sono fermate con la guerra, ma a queste si sono aggiunte le navi che riportano a casa i «nostri» profughi!

È il risultato di aver lasciato in mano ai trafficanti e ai mercanti di morte (uomini e armi) un intero continente, un intero «business» - quello dei nuovi schiavi che, come ha scritto nei giorni scorsi Ruotolo sul «Messaggero», vale il 10 per cento del Pil libico. Nel solo mese di gennaio sono giunti in Italia 3.500 profughi ed è a Misurata il lager dove i trafficanti attingono la merce umana.

Ma indignarsi non basta. Non si è capito che questa tragedia nasce da dieci anni di guerre e di egoismi finanziari? Che le guerre avviate col proposito di «finire le guerre» e diffondere la democrazia hanno creato questa metastasi tumorale e che solo una pacificazione - che non potrà non aver alti costi - potrà estirpare? Che solo la pace porterà lavoro ai giovani? I Talebani sono nati dalla guerra in Afghanistan, l’Isis dalla guerra in Iraq, la frantumazione libica è nata dall’esaltazione collettiva per le «primavere arabe» e dalla guerra civile (sostenuta dall’Occidente) per abbattere Gheddafi.

In questo caos un fenomeno epocale come il trasferimento di intere popolazioni da un continente all’altro è stato lasciato in mano all’improvvisazione, alle mafie e al terrorismo. Ecco perché pubblichiamo la sua lettera, caro Leveghi, perché mostra che è necessario indignarsi ed è possibile reagire. Con l’Utopia? Ma la pace si è sempre raggiunta solo credendo nelle utopie di un mondo più buono, e le mafie si stroncano solo togliendo dalla clandestinità l’immigrazione. Proprio perché ci sono le guerre il problema dei profughi (e della nostra immigrazione) va affrontato, non rimosso con qualche bomba in più. L’ha sostenuto anche «Mente politica» la bella rivista on-line diretta da Paolo Pombeni.

E allora occorrono azioni anche provocatorie: andiamo a prenderli sotto l’equatore i profughi, interrompiamo le carovane della morte, togliamo l’ossigeno dei soldi al terrorismo e allo schiavismo. Utopia? Forse sì. Ma incominciare a pensarci è l’unico realismo possibile».

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