S.Vito, a 12 anni schiavi dell'eroina

Schiavi dell'eroina già a 12 anni. Una realtà sconvolgente che si vive anche in Trentino, nella comunità di S. Vito di Pergine. Lì ci sono 100 ospiti con un'età media da paura: 23 anni. A ridurla sono i baby tossicodipendenti, perlopiù ragazzine. «L'eroina è tornata di prepotenza e adesso, anziché iniettarla, si fuma. Le droghe oggi sono sempre più sintetiche ed economiche. E con gli adolescenti si ha buon gioco a convincerli a provare» dicono in comunità

di Nicola Guarnieri - NO

eroina.jpgPERGINE - Paradisi artificiali li chiamava un certo Baudelaire. E artificiali, nel senso di chimici, lo sono per davvero. Ne sanno qualcosa i nuovi tossicodipendenti, schiavi della droga che negli anni Duemila si è portata appresso il suo carico di «modernità». Perché a finire nelle grinfie della «scimmia» non sono più giovanotti alternativi o ribelli ma ragazzini ben al di sotto della maggiore età, addirittura più piccoli della soglia «legale» di responsabilità penale.
I consumatori di adesso hanno appena 12 anni, sono perlopiù femmine e, altro «enorme» passo compiuto dal progresso, non si bucano, perché l'ago fa senso, ma fumano.
La fotografia di questa nuova realtà è devastante e impressionante ma, appunto perché realtà, deve far riflettere ad ogni costo. Chiaramente non si tratta di numeri elevati ma il fatto che si cominci a diventare avvezzi alla droga e, soprattutto, dipendenti non ancora nel pieno dell'adolescenza è un campanellino d'allarme che non deve affatto essere sottovalutato. E le sostanze che circolano non sono più quelle «naturali» ma sono chimiche, finte, artificiali appunto. Un modo, dicono nella più grande comunità di recupero d'Italia, San Patrignano, per aumentare lo sballo e pure la dipendenza. «Lo stesso "fumo", marijuana o hascisc che sia, non esiste più: - spiegano i referenti della sede di San Vito - ormai è tutto prodotto in laboratorio e produce enormi danni a livello cerebrale».
Ma torniamo all'età. A San Vito, in quella sorta di comune attiva e operosa come un alveare, ci sono 100 ospiti (28 femmine e 62 maschi) con un'anagrafe media da paura: 23 anni. E a ridurla ci sono, come detto, le fuori quota al ribasso: ragazzine dodicenni schiave dell'eroina. «È tornata di prepotenza e adesso, anziché iniettarla, si fuma. Purtroppo le droghe che stanno girando sono sempre più sintetiche e sempre più economiche: è facile reperirle e costano poco. E con gli adolescenti, specie se fragili, si ha buon gioco a convincerli a provare». Dalla prova al consumo «obbligato», dal fisico o dal cervello poco importa, il passo è breve.
Ma ci sono persone che vengono in comunità spontaneamente? «No, difficile che qualcuno abbia la forza, da solo, di dire mi disintossico».
A «Sanpa», comunque, c'è un record nazionale assoluto: il 73% di chi decide di uscire dal tunnel si libera definitivamente del bubbone droga e si reinserisce perfettamente nella società. Ma a San Vito vorrebbero di più. «Può sembrare strano ma noi speriamo sempre di arrivare al 100%». Sia come sia, il confronto con la maggior parte delle strutture pubbliche di recupero è impietoso: solo il 13% ce le fa. Touche.
Ieri, intanto, sulla collina di Pergine è salito un ospite d'eccezione per toccare con mano quanto di buono si fa qui per aiutare i ragazzi a disfarsi del gioco artificiale e mortale. Il ciclista professionista Mattia Gavazzi, 30 anni in forza al team Androni Giocattoli di Gianni Savio, ha ammirato i tanti laboratori avviati dai giovani ospiti della struttura, soprattutto quello che produce biciclette di qualità. Gavazzi è tornato alle corse a inizio anno dopo aver superato le difficoltà con la cocaina. E ha parlato con i ragazzi per dire loro: «Anch'io ce l'ho fatta».

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