L'asta delle ambulanze, solidarietà e affari

Le ambulanze dismesse dall'Azienda sanitaria erano state messe all'asta a inizio aprile a prezzi pensati per le associazioni, 2-3 mila euro. Ma all'asta hanno comprato anche commercianti che ora hanno messo in vendita due mezzi a 11.900 e 6.900 euro

di Leonardo Pontalti

 Voler fare del bene e, assieme, riuscire a fare cassa, può risultare difficile. O meglio, può suscitare qualche perplessità.
La conferma arriva dagli echi che ancora risuonano dopo l'asta delle autoambulanze in via di dismissione promossa dall'Azienda sanitaria lo scorso 2 aprile, presso il Centro per i servizi sanitari di viale Verona.
Una vendita che aveva permesso di far entrare nelle casse pubbliche 47mila euro, frutto della cessione di 11 automezzi attrezzati. Permettendo a numerose associazioni di volontariato di assicurarsi un mezzo che - nuovo - costa mediamente quasi 100mila euro.
Tutto bene, dunque? Non proprio, perché accanto a realtà come la Croce Bianca dell'Alto Garda, la Croce rossa del Trentino, l'associazione «Amici in cordata nel mondo» ed una spedizione giunta dal Ghana per portare un mezzo in Africa, all'asta hanno partecipato anche realtà operative nella compravendita di automezzi attrezzati, che - giustamente - dopo essersi aggiudicati i mezzi grazie alle basse basi d'asta pensate per le associazioni (tra i 2 e i 3mila euro), le stanno rivendendo ora proponendole al prezzo di mercato. Pagate all'Azienda, all'asta, 5.500 e 3.100 euro, ora due delle ambulanze acquistate dai rivenditori sono proposte in vendita a 11.900 e 6.900 euro.
La cosa ha scatenato non solo perplessità generiche, ma anche una reazione in Consiglio provinciale, dove sull'episodio è stata presentata un'interrogazione.
Al di là dell'intervento della politica, sembra dunque lecito cercare risposta a qualche domanda. Come riuscire a conciliare la volontà di fare del bene - con basi d'asta ben inferiori al valore di mercato dei mezzi usati - con quella di non concedere quei mezzi a chi poi li rivenderà sfruttando appieno il loro valore sul mercato?
E ancora: se non ci fosse modo di trovare una risposta a questo primo interrogativo, perché non pensare ad aste aperte soltanto alle Onlus oppure separate, per Onlus con determinate basi d'asta e per privati con cifre più vicine a quelle corrispondenti al vero valore dei beni oggetto della cessione?
Da parte sua, Paolo Borzaga, titolare di Autonord, ovvero della concessionaria che ora sta tentando di rivendere le ambulanze al giusto prezzo, si stupisce di chi si stupisce: «Non pensiate che ci arricchiremo rivendendole. Eventualità tutta da vedere, dato che per ora le tre che abbiamo acquistato le abbiamo ancora tutte qui. Ad ogni modo, se l'ente pubblico vuole fare cassa oltre che fare solidarietà, ha scelto lo strumento - le aste - adatto. E se la partecipazione è libera, non vedo quali perplessità possa suscitare l'esito dell'asta». La questione, è proprio il fatto che Borzaga ha pienamente ragione.

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