Rovereto, come cambia  il reparto di Pediatria

Un tempo nel  reparto di pediatria dell'ospedale di Rovereto s'incontravano soltanto bambini. Da qualche anno però non è più così: in fondo al corridoio che passa tra le stanze colorate e l'angolo giochi del reparto al sesto piano c'è un'ala riservata a quei pazienti che, stando all'età, dovrebbero venir ricoverati altrove, ma che solo qui trovano le cure per le malattie rare con cui convivono da quando sono nati

di Luisa Pizzini

ADITN021231420110724_1.jpgUn tempo nel  reparto di pediatria dell'ospedale di Rovereto s'incontravano soltanto bambini. Da qualche anno però non è più così: in fondo al corridoio che passa tra le stanze colorate e l'angolo giochi del reparto al sesto piano c'è un'ala riservata a quei pazienti che, stando all'età, dovrebbero venir ricoverati altrove, ma che solo qui trovano le cure per le malattie rare con cui convivono da quando sono nati.


«È uno dei cambiamenti epocali che ha caratterizzato la pediatria negli ultimi vent'anni» racconta il dottor  Ermanno Baldo , dal 1995 primario del reparto al Santa Maria del Carmine. «I bambini affetti da malattie rare una volta non sopravvivevano fino all'adolescenza. Ora sì, molti diventano adulti. Più della metà dei malati di fibrosi cistica, per esempio, sono adulti al giorno d'oggi». Ma dato che a specializzarsi in questo tipo di patologie sono stati i medici di pediatria, ecco che questo rimane il reparto anche dei pazienti ormai cresciuti.


Rovereto è uno degli ospedali di riferimento per la fibrosi cistica e, proprio perché legate a questa, anche per tutte le malattie di tipo respiratorio. «La fibrosi cistica - spiega il primario - è la malattia che ha insegnato al mondo come vanno seguiti i malati cronici, come proprio da loro e dai loro familiari arrivino gli stimoli per la ricerca. È un metodo di cura che ha fatto scuola».

 

Un'altra branchia delle malattie rare in cui il reparto di pediatria del Santa Maria del Carmine ha avuto modo di specializzarsi è l'endoematologia, di cui fanno parte le leucemie e le malattie del sangue. Altra nicchi è la gastroenterologia pediatrica. Per il resto si lavora in rete con gli altri ospedali. L'oncologia, ad esempio, viene curata al Santa Chiara mentre per altre malattie rare, come la Fop (Fibrodisplasia ossificante progressiva) che conta 27 casi in Italia, i medici e i ricercatori che sviluppano esperienza periodicamente s'incontrano e visitano assieme questi pazienti.

 

«Al giorno d'oggi ci sono tecnologie innovative che permettono di dare una vita decente a queste persone - continua il primario -. Aiutarle a vivere meglio e lavorare per il futuro è quello che noi medici dobbiamo fare. Senza vendere illusioni». In questo il lavoro dei pediatri è molto duro: «Te li sogni di notte i bambini che muoiono per malattie che non riusciamo a curare», aggiunge Ermanno Baldo. Lui pediatra ci è diventato per caso, come svela: «Dopo la laurea in medicina la specializzazione l'ho conseguita a Bologna, dove mi sono ritrovato in un laboratorio pediatrico e mi sono innamorato di questa professione. Prima di tornare in Vallagarina però, io infatti sono originario di Aldeno, ho iniziato a lavorare a Ferrara».

 

A Rovereto il reparto è cresciuto con lui e con gli undici medici che ci lavorano. «Una squadra quasi al completo che si alterna nelle diverse specializzazioni all'interno del reparto». A cominciare dalla patologia neonatale, con una specializzazione per la cura delle malattie che vengono trasmesse in gravidanza dalla mamma al feto. C'è poi una stanza riservata al day hospital oncologico ed il pronto soccorso pediatrico dove i bambini vengono visitati e tenuti in osservazione, se necessario, fino a 36 ore. Continuando lungo il corridoio ecco le stanze di pediatria per chi viene ricoverato: ognuna è contraddistinta dal nome di un animale. Le decorazioni e la sala giochi servono a rendere più allegro l'ambiente, assieme al prezioso aiuto dei volontari che vengono per far giocare i piccoli pazienti. Più avanti ecco l'area con le stanze riservate ai malati cronici, dove possono continuare la terapia.

 

In fondo la palestra per la riabilitazione. Ma la vera sfida, come spiega il dottor Baldo, è fuori dall'ospedale: «A parte la routine, ci occupiamo soprattutto di bambini con problematiche complesse perché avere una malattia rara significa avere una serie di problemi connessi. Proprio come accade per gli anziani. Per questo dobbiamo lavorare assieme agli specialisti, che spesso arrivano dai centri di terzo livello. Girano gli ospedali e, oltre a fornire consulenze, possono maturare esperienza perché quando parliamo di malattie rare i casi sono pochi. È una rete che va dai centri di terzo livello (i più specializzati) ai pediatri di base, per garantisce una risposta da parte dell'ospedale anche ai casi più complessi. Ma l'obiettivo è quello di curare il più possibile a casa questi bambini. Ed è un modello che deve essere proiettato sul territorio».

 

Un esempio è quello delle cure palliative. «Non è ammissibile che questi bimbi soffrano. Serve una terapia del dolore e, mentre per gli anziani o le persone adulte è prevista negli ultimi novanta giorni di vita, nel caso dei più piccoli bisogna studiare un'altra soluzione. L'ospedale deve fare da apripista, dialogando con il territorio però».

 

Ermanno Baldo parla in modo appassionato, ci accompagna nel reparto raccontando la complessità di un lavoro spesso difficile ma anche gratificante, come quando incontra un paziente ormai cresciuto che lo attende in corridoio. Gli dà una pacca sulla spalla, gli sorride. È sabato pomeriggio e lui è in reparto, di ritorno da un covegno all'estero. Risponde al cellulare per concordare una terapia con un pediatra, poi torna ai suoi pazienti. Più tardi si toglierà il camice bianco uscendo dal reparto, ma il lavoro lo accompagna sempre.

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