Autostrada Valdastico, la disputa infinita

di Marco Giordani

Sono trascorsi quasi 50 anni dal giorno in cui Bruno Kessler e l'ingegnere Gentilini illustrarono nella sala della Filarmonica di Rovereto una ipotesi di collegamento autostradale con il Veneto attraverso la Valdastico.
Non si trattava di un'ipotesi del tutto generica visto che la proposta era accompagnata da un progetto di massima.

Un progetto che analizzava tutte le implicazioni derivanti dalla realizzazione dell'opera, la compatibilità con le sorgenti d'acqua dell'area interessata, il minore inquinamento autostradale nel tratto Vicenza Rovereto, la minore percorrenza chilometrica, la rilevante economia nel consumo dei prodotti da trazione che secondo l'analisi formulata poteva avvicinarsi alla copertura dei costi da sostenere. Veniva anche precisato che l'intero onere per la realizzazione dell'opera sarebbe stato finanziato dalla Serenissima, circostanza che da sola doveva indurre ad una decisione favorevole.
Per quanto mi è possibile ricordare avendo partecipato all'incontro alla Filarmonica, la proposta era accompagnata da una serie di considerazioni che succintamente tento di esporre.
L'apertura del Trentino ad un territorio a forte vocazione industriale e commerciale, tale da collocarsi ai livelli più alti nel panorama italiano. Il supporto importante che la nuova arteria poteva determinare nello sviluppo turistico, mettendo in connessione il mare Adriatico e il lago di Garda. La possibilità che l'uscita a Rovereto sud potesse poi determinare le condizioni per un adeguato collegamento stradale fra Rovereto e Riva, con prolungamento verso Brescia.
Le argomentazioni a sostegno della proposta continuano ancora oggi a mantenere piena attualità e risultano semmai rafforzate dalle iniziative inerenti la realizzazione della pedemontana e il programmato collegamento autostradale da Treviso al mare. 

È verosimile che nella valutazione espressa da Kessler abbia avuto rilievo la sua preoccupazione per un Trentino piccolo e solo con la consapevolezza che la nuova arteria apriva ad un'area dinamica come il Veneto e poteva anche concorrere all'apertura dell'economia del Trentino, in un territorio che mettendo in relazione Trento-Bolzano e il Veneto poteva disporre di una massa critica in grado di competere con altri limitrofi territori.
Mentre appare agevole, anche nel tempo attuale, enumerare le ragioni a sostegno della realizzazione dell'opera, appare fondato rilevare che in coloro che hanno manifestato contrarietà all'opera è sembrato prevalere un pregiudizio di carattere ideologico e non una puntuale fondata indicazione delle ragioni contrarie alla realizzazione.
Il confronto fra favorevoli e contrari è andato avanti per decenni e ha lasciato l'impressione di una classe dirigente incapace di decidere, chiusa in distinguo irrilevanti dal punto di vista sostanziale e fondati qualche volta su ipotesi alternative prive di razionalità.
Si deve rilevare che in un primo periodo era emersa anche una forte preoccupazione da parte dei commercianti di Rovereto, timorosi per l'apertura ad un'area dinamica verso la quale già si dirigeva un crescente interesse dei trentini per acquisto di beni non alimentari.
Più tardivamente emerse la preoccupazione della comunità di Marco per gli effetti di compatibilità ambientale che le due opere (autostrada e ferrovia) potevano avere sui loro territori. Analoga reazione si manifestò a Besenello quando maturò un'ipotesi di uscita dell'autostrada in quel territorio, mentre perdurava ancora la resistenza per la realizzazione del depuratore.
In un quadro caratterizzato da aperture, da chiusure, da smentite, da reticenze, ciò che appare ormai evidente è che l'opera, riconosciuta di valenza nazionale, si farà. Constatare che tutto ciò potrà avvenire nel consapevole o incosciente silenzio del Trentino non fa onore alla nostra terra né a Rovereto che con maggiore determinazione avrebbe dovuto manifestare la propria scelta.

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