Storia

In un libro dimenticato l'ode contro la guerra di Taulero Zulberti

Luglio del 1914. Le tradotte cariche di soldati, cavalli, armi partono verso la Galizia, il fiume San, le pianure senza fine che da Leopoli si distendo nella Russia dello zar Nicola e i Monti Carpazi, gli “Scarpazi” nella memoria trentina e nelle parole della famosa canzone che è un canto d’amore, una preghiera, un monito contro ogni guerra.

Era la guerra sul fronte dell’Est. Che oggi si riaffaccia. Come avvenne nei giorni dell’attacco nazista nel giugno del 1941. Era la guerra, che si vuole chiamare grande, vista, vissuta, sofferta e raccontata da Taulero Zulberti, nato nel 1896 a Zuclo, antico e bellissimo borgo nelle Giudicarie, da dove partì per quella tragedia di popoli che, come scrisse Benedetto Croce “…quasi fulmine a ciel sereno, sopraggiunse improvvisa e inattesa, quantunque qualche settimana innanzi fossero risuonati i colpi di pistola di Sarajevo, l’ultimatum dell’Austria- Ungheria alla Serbia, segnale della guerra europea, di quella guerra che aveva visitato le immaginazioni per circa quarant’anni, ma che ora, a un tratto , diventava presente realtà”. In quel mese quando cominciarono a tuonarono i cannoni del “suicidio dell’Europa”, Taulero aveva 18 anni e sul fronte russo indossava la divisa di ufficiale dei Kaiserjäger.

Sopravvissuto, tornato in quella Patria divenuta in un sol giorno, da austriaca a provincia del Regno d’Italia, imboccò la via del giornalismo, divenne inviato a Berlino del “Il Resto del Carlino”, poi firma prestigiosa del “Corriere della Sera” e direttore dell’ “Alto Adige” rinato giovedì 24 maggio 1945 dopo il fascismo e la seconda guerra, tragica quanto quella finita il 3 novembre del 1918. All’ “Alto Adige” rimase dal 1950 al 1955. Entrò una mattina di buon’ora, era l’aprile del 1959, nella redazione di Trento del quotidiano dove lavoravo come porgitore di abbonamenti, fotografo, fattorino e, in caso di necessità, aiuto cronista. Mi consegnò un librino intitolato “Ipocondria di un Legionario Trentino”. Lo consegnai a Massimo Infante, il capo cronista. Non venne neppure sfogliato; finì in un cassetto dove lo ritrovai quarant’anni dopo per scoprire quelle pagine che sono un’ode contro la guerra, ogni guerra. Propongo l’inizio di un capitolo.

“Ecco, il campo sterminato che sta davanti a me è pieno di nebbie. Quel campo è seminato di cadaveri. Laggiù giacciono corpi saccheggiati, nudi, a centinaia. Laggiù giacciono corpi bellissimi, fatti a brandelli. Un odore nauseante proviene da quell’erba; dall’alto echeggiano fischi gioiosi di avvoltoi. Braccia deturpate e moncherini terribili si drizzano e cerei volti scarnati si mostrano. Lassù, sopra il campo di battaglia, passa Cristo col capo coperto: un’angoscia senza parole, piena di lacrime, si riversa sulla terra insanguinata. Preghiere pronunciate da bocche piene di terra. Dolorosamente Cristo reclina la testa bellissima; più numerose e più grandi si fanno le sue ferite. Intolleranza, egoismo, assassinio. Voi uccidete il vostro Cristo per la seconda volta”. Da qualche anno si è cominciato a raccontare, attraverso gli articoli magistralmente scritti dai giornalisti di quell’epoca, il tragico, enorme evento che cambiando il destino dell’Europa, mutò radicalmente quello del Trentino.

Sono le testimonianze davvero straordinarie di cronisti come Alcide Degasperi direttore de “Il Trentino”, Cesare Battisti direttore de “Il Popolo”, quotidiano socialista in una terra profondamente devota alla Chiesa e fedele all’Imperatore Francesco Giuseppe, Ernesta Bittanti (moglie di Battisti) una delle prime femministe all’alba del Novecento, Benito Mussolini che a Trento nel 1909 iniziò la sua carriera giornalistica, appunto la figura di Zulberti. I suoi scritti raccontano tutto l’orrore della guerra sul fronte russo. Un lavoro affascinante; l’incontro con un passato remoto che ci porta per mano nei giorni bollati da papa Benedetto XV come “Inutile Strage”. Per fortuna il nome, il messaggio, il lavoro di Zulberti sono stati ripescati nel novembre scorso, a Tione, dal Centro Studi Judicaria e dal giornalista Alberto Folgheraiter. Adesso è l’ora di diffonderli. Vale la pena ricordare, visto che ci sono due terribili guerre sulla porta dell’Europa Orientale, anche l’articolo intitolato “L’Ora di Dio” scritto il 6 agosto del 1914 da Alcide Degasperi del quale nell’anno che sta per venire, in data 19 agosto, ricorrerò il settantesimo anniversario della morte. Sono le pagine più profonde di un uomo che cerca e cercherà la pace in un’Europa trasformata, in pochi giorni, in un inferno.

Racconta un Trentino dove restano vecchi, bambini, donne e dove fede e rassegnazione, sono gli unici sentimenti di una terra che, all’improvviso, si è trovata in guerra. L'articolo è un atto di fede e un pronunciamento di pace, mentre sui giornali da Berlino, Vienna, Parigi, Pietrogrado e Londra si esaltava la guerra raccontando le stragi già enormi. Degasperi aveva capito che la tragedia sarà lunga, sanguinosa, terribile contro la quale “gli uomini sono impotenti perché è crollato l’edificio eretto faticosamente con sottili accorgimenti, con ipocrisie e con intenzioni oneste della diplomazia europea. Tutto è stato fermato assieme alle dottrine pacifiste, dall’incendio divoratore”. E qui il giornalista si rivolge a Dio “che conduce i destini dei popoli secondo un disegno inaspettato e ineffabile. E’ questa l’ora sua; gli uomini non contano più” ed è a questo punto che l’articolo diventa una preghiera. E’ davvero un grande Degasperi l’autore di quelle pagine oggi, in verità, abbastanza trascurate.

Sarà Ottone Brentari nel 1919 a narrare le enormi rovine portate nel Trentino, dove la Heimat offesa, verrà vilipesa dal fascismo. Un capitolo che solo da pochi anni si sta affrontando, ricostruendo, rivedendo e correggendo quanto venne scritto in un passato finalmente relegato nelle soffitte del nazionalismo divenuto, prima in Italia poi in Germania ottusa e feroce dittatura. Di quell’epoca, restano i diari dei soldati trentini in divisa austriaca, magistralmente riscritti da Quinto Antonelli e gli articoli de “Il Nuovo Trentino” di Degasperi tornato al suo lavoro già nel novembre del 1918. Fondamentale rimane la testimonianza del dramma del Trentino: quello subìto l’8 agosto del 1914 con la partenza da Trento della prima tradotta diretta al fronte dell’Est e quello del 24 maggio del 1915. “Radioso” per la retorica italiana. Tragico per il Trentino. Ma ecco il giornalista Zulberti, inviato in Germania da “il Resto del Carlino”. Il 30 gennaio del 1933, Adolf Hitler veniva nominato cancelliere del Reich dal presidente della Repubblica di Weimar, il generale von Hindenburg. Nel programma del Führer, accolto con indescrivibile entusiasmo dal popolo tedesco, spicca la “Dolchstosslegende”, la leggenda della pugnalata alla schiena inferta dal nemico interno nata all’indomani della sconfitta delle Germania e le “colpe” degli ebrei. Da quel momento la componente antisemita crescerà a dismisura. L’articolo pubblicato sul quotidiano bolognese comincia così: “Berlino, 30 notte.

Adolfo Hitler, fondatore e capo del socialnazionalismo, è giunto al potere per vie e con mezzi legali, conformemente a quanto ebbe a dichiarare nel settembre del 1930, in un processo svoltosi dinanzi all’alta Corte di Lipsia. Il Presidente del Reich lo ha nominato Cancelliere e ha approvato la lista dei Ministri da lui proposti”. Poi aggiungeva che nel programma nazista era forte il verbo antisemita, approvato dalla maggior parte degli elettori tedeschi. In altri articoli affronta “l’ideologia antisemita [che] è il requisito essenziale del regime nazista. La prima ipotesi [dell’antisemitismo] deriva dall’idea che gli ebrei sarebbero meritevoli di persecuzione, in quanto storicamente si identificherebbero con un popolo parassitario dell’intero territorio europeo in cui, da secoli, avrebbero ricoperto posizioni e ruoli rilevanti in importanti banche; soprattutto, avrebbero esercitato un enorme potere economico attraverso il controllo del sistema finanziario”.

La brutale ostilità del nazismo verso gli ebrei sarebbe conseguenza di una reazione contro la loro posizione di potere in senso economico e di riconoscimento e prestigio sociale.

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