Storia / L’intervento

Nel racconto sulla nascita della Autonomia, l’incontro fra Edo Benedetti e Degasperi

Benedetti diventerà sindaco della città di Trento e quell’incontro entrerà nella storia del nostro Trentino

di Luigi Sardi

TRENTO. Erano i primi giorni del luglio del 1944 quando Edo Benedetti tenente del Primo Reggimento Granatieri di Sardegna, uno degli ufficiali del Regio Esercito che la notte fra l’8 e il 9 settembre del 1943 attraversate le linee raggiunse Bari per unirsi al regno del sud voltando le spalle al nazismo e al fascismo. Appunto a Bari fra le file del rinato Esercito italiano, il futuro sindaco Trento - lo sarà dal maggio del 1964 al novembre del 1974 - aveva incontrato Paolo Berlanda che dopo la guerra diventerà senatore della Democrazia Cristiana e Aldo Bertoluzza fondatore negli anni Cinquanta del Circolo Culturale fratelli Bronzetti.
 

Gli accennarono di Degasperi, gli dissero che lavorava nella biblioteca vaticana e appunto attraverso i canali del Vaticano “potevo far giungere mie notizie ai miei familiari che erano a Trento divenuta città germanica, insomma del Terzo Reich” come raccontava negli anni Ottanta, nel suo studio di Presidente onorario dell’ Itas. Narrava volentieri la battaglia di Monte Lungo presso Caserta, quella del 6 dicembre del 1943 combattuta con le bome a mano contro i paracadutisti tedeschi fra i quali militava Mario Iori Mamolada, il celebre ora quasi dimenticato gestore del rifugio alla Fedaia e l’arrivo nella Roma liberata dagli americani.
 

Un mese prima fra domenica 4 e lunedì 5 giugno del 1944 le truppe americane del generale Mark Wayne Clark erano entrate nella Capitale senza incontrare resistenza e nell’entusiasmo della popolazione, la stessa “folla oceanica e delirante” – come si legge nella stampa fascista del giugno del 1940 – che aveva applaudito Mussolini nel momento del “fatidico vincere e vinceremo” della dichiarazione di guerra alla Francia e all’Inghilterra. Ancora dal ricordo di Edo Benedetti. “Di Degasperi avevo sentito parlare, ma vagamente. I discorsi di Paolo e Aldo mi incuriosirono, mi dissero che era stato deputato in Austria e poi in Italia nel partito di don Luigi Sturzo, quello dei Popolari, i “pipini” come li canzonavano i fascisti nel canto di Giovinezza”. A Roma, il tenente Benedetti era stato destinato a presidiare a Monte Mario la sede dell’Eiar, l’attuale Rai e decise di andare a trovare quel Degasperi che avrebbe potuto far giungere sue notizie nella Trento divenuta dopo l’8 settembre del Quarantatrè territorio germanico.
 

“Quando sono andato in Vaticano, Degaperi mi ha ricevuto in un piccolo ufficio presso la biblioteca. Ricordo un tavolino ingombro di carte, il suo viso piuttosto triste, molto pallido, i capelli spettinati come sempre, i soliti occhiali, sì quelli con la montatura chiara che si vedono nelle fotografie e che teneva sulla fronte. Non ha sorriso anche se si è dimostrato molto incuriosito della mia presenza, di questo trentino che vestiva la divisa americana con gli stemmi badogliani. Mi sono presentato, gli ho detto che ero di Rovereto e subito lui mi ha accennato a Rosmini”.
 

Ancora dal racconto di Benedetti: “A quei tempi la mia conoscenza di Rosmini era molto limitata e allora ho lasciato cadere il discorso e gli ho raccontato le più recenti vicende della guerra. Lui conosceva esattamente la parte politica, mentre conosceva a malapena i movimenti delle truppe alleate nel Sud Italia. Io mi sono dilungato nel racconto, di come venivamo trattati dagli Alleati e lo ricordo molto attento, interessato, curioso. Seguiva il mio racconto e mi faceva domande su come eravamo trattati dagli americani, come ci accoglieva la gente, come era il cibo, sì il rancio distribuito anche alla popolazione che soffriva la fame. Inizialmente ero in soggezione, ma quando ho finito il mio racconto e lui ha cominciato a parlare ed è stato un dialogo splendido, molto bello, che mi ha affascinato”.
 

Ecco l’incontro fra il giovane ufficiale e il veterano della politica, fra l’uomo d’armi e l’uomo di pensiero in quel piccolo ufficio dove è nata l’Autonomia e una parte della storia della nuova Italia. “Lui cominciò a parlare di quel clima nuovo che si doveva creare in Italia e mi parlò della democrazia. Anzi, mi fece una lezione sul significato di democrazia e come doveva funzionare nel nostro Paese”. I giovani di allora poco o nulla sapevano di politica, avevano ascoltato solo gli slogan del fascismo sulle giudaico bolsceviche negroidi democrazie e si può immaginare la sorpresa del tenente Benedetti di fronte a Degasperi che gli raccontava del suo passato di giornalista a Trento.

“Mi parlò di Battisti e Mussolini anche loro giornalisti a Trento, non mi disse perché si trovava in Vaticano e io non lo domandai. Invece mi fece capire come si doveva recuperare il Paese dalla dittatura fascista e passare ad un sistema democratico, transito che doveva, anzi poteva avvenire solo attraverso l’impegno dei partiti che stavano rinascendo. Lui aveva già un’idea ben chiara dei partiti e mi resi conto che aveva alle spalle un’esperienza enorme maturata in Austria ai tempi di Francesco Giuseppe e in Italia dal 1918 fino a quando Mussolini, l’avversario in giornalismo a Trento, l’uomo che si firmava “vero eretico”, era la firma di punta de “il Popolo” i quotidiano socialista di Cesare Battisti, lo aveva fatto arrestare assieme alla moglie Francesca”.
 

Benedetti ricordava come Degasperi gli parlò del futuro dell’Autonomia. “Estrasse alcuni documenti da un cassetto, fece un po’ di spazio sul tavolo e me li mise davanti quasi a voler dimostrare che era già avanti con i suoi studi e mi spiegò, scandendo le parole: noi dovremo realizzare questa Regione Trentino Alto Adige che dovrà essere una cornice e puntando gli indici sul tavolo, disegnò con le mani proprio una cornice dicendomi che lì dentro dovranno convivere tre gruppi etnici, italiano, tedesco e ladino. A dire la verità io a quell’epoca sapevo poco dei ladini, credevo che la loro parlata fosse un dialetto, ma rimasi zitto”.

E ancora: “Lui aveva sentore di una difficoltà di convivenza, del resto era il 1944 e il nemico era il tedesco; noi trentini avevamo capito che da Salorno al Brennero dopo il 1918 molti non volevano parlare l’italiano né essere italiani. Sapevo vagamente che con le opzioni moltissimi avevano scelto la Germania, ma Degasperi mi disse più volte e con insistenza quel dobbiamo convivere. Quello della convivenza era il punto di partenza e lui aveva già costruito una struttura che contemplava un indirizzo che aveva già bene in mente. Non so se pensava di diventare l’uomo chiave della politica regionale. Mai pensavo di vederlo al vertice della politica nazionale e in primo piano in quella europea. Lui aveva la volontà di impegnarsi fino in fondo per realizzare il disegno che aveva in mente. Io non potevo di certo immaginare cosa sarebbe accaduto nel futuro”.
 

Ecco Benedetti nell’ufficio di presidente onorario dell’Itas indugiare su quei ricordi lontani nel tempo: lui soldato della nuova Italia con la divisa americana che parla con l’uomo destinato a diventare il presidente della ricostruzione, con lo statista che intravede in quegli anni spalancati sull’Europa ancora un volta devastata dalla guerra, una unità di popoli e di governi. Era appunto il 1944, la guerra infuriava, la Germania hitleriana poteva ancora vincere eppure quell’uomo aveva il coraggio, la capacità, l’intelligenza di guardare molto lontano, alla guerra finita e alla scomparsa della dittatura fascista e nazista.
 

Benedetti si disse sicuro che Degasperi parlava “dell’unità italiana mentre al Nord infuriava la guerra civile; del desiderio di vedere gli italiani capaci, da soli, di acquisire una identità, di realizzare la Regione Trentino Alto Adige come strumento importante per poter garantire la convivenza di tre gruppi etnici. Aveva già in testa l’immagine dell’Autonomia. Fu un incontro piacevolissimo e alla fine mi ha persino sorriso, cosa rarissima per Degasperi. Mi diede anche un paio di pacche sulle spalle e mi accompagnò fino al presidio delle guardie svizzere. Lo rividi nel 1948 a Rovereto, al teatro Zandonai. Si era nel pieno della campagna elettorale quella che portò al voto del 18 aprile. La folla era enorme, era difficile avvicinarlo. Per fortuna fra gli uomini del suo seguito c’era Luigi Dalvit che mi conosceva e mi portò da lui. Mi riconobbe subito, mi sorrise. Mi strinse la mano con molta forza dicendomi: Vedi come l’Italia sta rinascendo?” Benedetti diventerà sindaco della città di Trento e l’incontro con Degasperi entrerà nella storia del nostro Trentino.

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