Orti e giardini, che passione

Orti e giardini, che passione

di Eliana Agata Marchese

A piedi uniti nella fase due: dopo esserci abbuffati sul divano siamo passati alla ginnastica compulsiva. Dopo aver tirato a lucido ogni angolo di casa, adesso sfoghiamo il nostro zelo sui giardini. Da qualche giorno gli anziani possono raggiungere i loro orti.

Cani e padroni a passeggio ci sono sempre andati, mentre per i bambini il parco rimane un miraggio. Ma abbiamo il fazzoletto di terra sotto casa, sono stati giorni assolati e noi ci siamo armati di vanga. Nel forum di scrittura creativa i miei studenti inseriscono testi e immagini di verdure e ortaggi vari, di cui si prendono cura seguendo le indicazioni delle nonne.

La mia amica al telefono, ieri sera, era molto preoccupata per i parassiti della rosa. Nei giardini della nostra schiera i vicini danno prova della loro abilità: c'è chi si è fatto scaricare la terra con il camion, chi trascorre la giornata a dissodare, chi innaffia e chi semina. Io nei giorni scorsi osservavo le scene con distacco (sporcarmi le unghie con la terra: giammai!), ma poi mi sono accorta che la passione dell'orto ha colpito anche casa nostra.

Mio marito ha iniziato a potare l'edera: credo che voglia far posto ad un mobiletto per esterni, argomento su cui mi ostino a non chiedere nulla, sia mai che mi tocchi partecipare al montaggio. Luciano, invece, ha colto la palla al balzo. Appena giro gli occhi si arma del primo arnese che trova e contribuisce alla potatura, con conseguenze terribili per la povera edera. L'ultima volta troncava i rami con una pinza, sottratta chissà come a chissà quale cassetta degli attrezzi. Quando gli chiedo di passarmi qualcosa non trova mai nulla. Ma se provo a nascondergli un arnese pericoloso, lo tira fuori in men che non si dica. Virtù dell'infanzia.

Caterina ha improvvisamente scoperto le gioie della zappa. Subisce l'influenza delle chiacchiere al telefono con la nonna, da sempre appassionata di agricoltura, e di recente tornata con gioia a prendersi cura delle sue zucchine. Mia figlia maggiore si mette in canottiera, come i contadini dei film, e comincia a vangare tenendo a mente le istruzioni ricevute in videochiamata. Tira fuori dal nostro pezzetto di terra le piante sofferenti, libera le radici dai sassi, mette in vaso quelle che hanno bisogno di maggior attenzione e le porta sul balcone di camera sua, per poterle tenere sott'occhio prima di riportarle di sotto.

L'ultima volta che mi sono affacciata, fuori dalla sua porta-finestra c'erano un rosmarino, una salvia e un timo. Poi ho smesso di affacciarmi, perché la cura delle piante mi dà un vago senso di agitazione.

Ho ricordato a Caterina, in compenso, che coltivare gli aromi non serve, tanto i supermercati sono aperti. Perché uno dovrebbe sforzarsi - oltre che sporcarsi le mani - se si può scendere a piedi e comprare un mazzetto di quello che serve? Lei non mi ha degnato di risposta, preferendo andare a parlare coi bulbi di narciso. A quel punto ho girato i tacchi (metaforicamente, purtroppo: ormai non li metto da due mesi) e me ne sono andata con Silvia. Mi ha convinto a ricominciare la ginnastica in casa (io avevo mollato dopo due giorni: quel che si dice la costanza) e mi ricorda l'appuntamento con implacabile puntualità. Aspettiamo di poterci muovere di nuovo all'aperto, saltelliamo usando bottiglie d'acqua come pesi e speriamo che al resto della famiglia passi la smania della coltivazione diretta.

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