Il triste addio al macellaio di una volta

Il triste addio al macellaio di una volta

di Lucio Gardin

Un nitido ricordo della mia infanzia è la figura del macellaio. Aveva un negozio nel centro del paese, e in periferia sud, e in periferia nord, ed era lo stesso negozio (perché il paese era così piccolo che dovunque ti mettevi eri dappertutto).

Me lo ricordo bene quel macellaio, figura mitica. Sbucava dal retro attraverso una tenda di plastica a strisce (ai tempi si usava così), con un grembiule sempre sporco di sangue e un coltellone in mano, e prima di chiederti cosa volevi ti fissava un po’, come a dire «prova a diventare vegano se hai coraggio». Oggi lo arresterebbero solo per come si poneva.

Di macellai veri, ruspanti, che si affilano il coltello usando i peli del braccio come faceva lui non ce ne sono più. Le macellerie sono diventate atelier. Hanno nomi da paura: “la boutique del fegato”, “l’officina del würstel”, “il paradiso della coratella”. La carne è la stessa ma costa il doppio perché metà dei proventi vanno al creativo che ha dato il nome al negozio. Oggi la carne è out, va di moda il biologico: alghe, costine di bambù, alette di curcuma, cosce di Tofu, Saitan (che credo siano sementi di cartone animato giapponese), fegatelli di soia, mozzarella di latte di mandorla, maionese senza uova, caprese senza capra. Tutta roba che non vale un’aletta di pollo ma costa più delle ostriche. Una volta chiesi a un negoziante perché la verdura biologica costasse tanto; mi ha spiegato che è perché il contadino non usa verderame, vitamine, non usa pesticidi, niente additivi. Ma se non ci mette dentro niente, non dovrebbe costare di meno? Mah.

Ad ogni modo, aprire un negozio biologico ai giorni nostri, è come aprire una sede di Forza Italia negli anni Novanta o del Pd negli ultimi vent’anni: un business sicuro. Conosco un negozio bio-vegano dove fanno un concorso a premi: se vinci, il fruttivendolo ti dà il nome di un negozio meno caro.

Per fortuna, a compensare a tanto salutismo ci pensa l’Unione Europea con olio d’oliva fatto con bustine di Idrolitina, branzini che quando li compri non ti danno nemmeno la borsa perché la plastica è già dentro nel pesce, e mucche alimentate con farina di altre mucche.

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