Scienze e religione, un divorzio tardivo

di Paolo Ghezzi

Speriamo che la notizia non sia arrivata lassù, nella sua stanza suggestivamente affrescata al terzo piano della trentatreesima casa della sapienza, girone dei dotti, settore mitteleuropeo del paradiso. Se Iginio Rogger sapesse che il «suo» istituto di scienze religiose ha soppresso il corso di scienze religiose che forma coloro che insegnano religione, passerebbe qualche notte inquieta perfino nella pace serafica dell'aldilà. Il direttore Marco Ventura, ancora fresco di nomina (è arrivato nel novembre 2015), di estrazione giuridica (è specialista di diritto canonico, libertà religiosa, bioetica) ci ha messo poco a decidere che preparare i prof di religione non c'azzeccava con la vocazione scientifica dell'istituto fondato da Rogger, patrono il suo amico Bruno Kessler, nel 1975.

Ma, visto che il Centro per le Scienze Religiose (Isr) ha «l'obiettivo di promuovere, attraverso una ricerca pluridisciplinare, la presa di consapevolezza critica e riflessiva circa la funzione del sapere religioso nello sviluppo culturale personale e collettivo in una società pluralista e secolare», perché non continuare a garantire, come negli ultimi 20 anni, questa visione aperta ai prof di religione? Forse è l'inizio di un ripensamento del Centro, come lascia presagire, sul sito versione italiana, l'inquietante «lavori in corso» quando clicchi su «Mission» (ti rimandano al sito in inglese: «La nostra missione è capire criticamente e occuparci dell'innovazione in religione e attraverso la religione»).

E così quello strano animale un po' aquila un po' cavallo un po' delfino che era il vecchio Istituto trentino di cultura poi Fondazione Fbk, che solo a Trento riusciva a combinare teologia e microelettronica, fisica delle superfici e storiografia, intelligenza sacra e intelligenza artificiale, rinuncia - seppure con le migliori intenzioni scientifiche - a un aggancio importante con il territorio e riconsegna la formazione dei prof di religione al recinto della Chiesa cattolica. 

La Bibbia, alla fine, anche per un ateo è uno straordinario, fluviale romanzo di amore e morte. Un epico «Guerra e pace» ante litteram. Perché dovrebbe essere territorio di caccia riservato a rabbini e sacerdoti? E che dire della intricata e intrigante storia ecclesiastica, Umberto Eco insegna? Certo, la teologia in Italia è un po' figlia di nessuno, tra un Concordato che comunque riconosce alla Chiesa romana la prerogativa di insegnare la religione cattolica nella scuola con docenti da lei prescelti, un sistema universitario che - a differenza della Germania - non prevede le facoltà pubbliche di teologia e un mercato vastissimo di curiosità religiose che hanno trasformato incongruamente un valente giornalista generalista come Augias nel massimo pontefice laico della cose della fede.

Quando comunque l'ex ministro Profumo, presidente di Fbk, e il direttore del Centro scienze religiose Ventura si sono presentati dal vescovo Tisi, fresco di elezione, ad annunciare «monsignore si chiude» per don Lauro dev'essere stato un indesiderato regalo di inizio mandato. Una grana, che si aggiunge ai nodi intricati della riforma della finanza cattolica e della riorganizzazione pastorale. E colpisce che una simile svolta, epocale anche senza voler evocare lo spirito di monsignor Rogger, sia stata decisa senza un dibattito pubblico, senza una riflessione sulla politica culturale della Provincia, che è colei che paga Fbk, a nome e per conto della comunità trentina. 

Ora, senza voler mitizzare la peculiarità trentina di Fbk-scienze religiose, è chiaro che il rischio è quello di una riclericalizzazione della formazione degli insegnanti di religione. Il timbro della Diocesi, anziché quello di una fondazione scientifica, ha indubbiamente questo sapore, anche se l'arcivescovo Tisi ha l'intelligenza per non percorrere strade restaurative e di retroguardia, e sicuramente ricorrerà alle migliori energie, di laici e di sacerdoti, per qualificare il futuro corso superiore, «in collaborazione con la stessa Fbk».

Peccato comunque che, in un Paese e in una Provincia dove c'è molta tradizione cattolica ma scricchiolante cultura teologica e biblica, il divorzio tardivo di Trento tra scienza e religione vada a sanare - sopprimendola - un'anomalia provinciale felice, una singolare e feconda contaminazione tra gli elettroni e le eresie, i sensori e i sacramenti, l'informatica e l'incarnazione. E, insomma, l'idea che i libri sacri e la storia esaltante e contraddittoria delle chiese e delle fedi siano argomenti troppo appassionanti e interessanti per lasciarli solo ai preti e ai catechisti.

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