Sentieri e mountain bike, verso l'addio della Sat

Sentieri e mountain bike, verso l'addio della Sat

di Franco De Battaglia

Sul tema «bici-sentieri» un serio confronto a più voci (Provincia, Sat, Apt?) è in corso fin dal 2010, quando la stessa Sat sollevò il problema di una convivenza a rischio, per norme inapplicabili. I lavori hanno ridefinito gli ambiti fra pedali e scarponi e hanno giustamente escluso il «down hill». Il confronto è confluito in una delibera, la 692 del 27 aprile 2015, nella quale la giunta provinciale ha indicato i limiti della circolazione in «mountain bike», affidando a una commissione mista lo stabilire su quali sentieri si potesse o non si potesse andare in bici. Tutto bene? Forse sì, se per l'applicazione della delibera non fosse intervenuta, lo scorso ferragosto, una «determina», la 202, del dirigente del Servizio Turismo che stabiliva come in assenza di divieti specifici le bici potessero andare ovunque. Veniva così banalizzata nelle sue stesse intenzioni, la norma della giunta provinciale.

I lavori hanno ridefinito gli ambiti fra pedali e scarponi, senza dimenticare che i sentieri sono nati per essere percorsi a piedi (le bici sono venute dopo) e hanno giustamente escluso il «down hill», che è una pratica di «sbrego» (si sale in funivia, si scende lungo tutto ciò che va in discesa, piste, prati, canaloni?). È bene se ne occupino i gestori degli impianti di risalita che incassano i biglietti di chi sale come fosse uno sciatore. (Sono già in vendita, nei negozi di Trento, biciclette con le gomme larghe anche 10 centimetri proprio per scendere sulla neve)! 

Il confronto è confluito in una delibera, la 692 del 27 aprile 2015, nella quale la giunta provinciale ha indicato i limiti della circolazione in «mountain bike», affidando a una commissione mista lo stabilire su quali sentieri (per pendenza, pericolosità, erosione del suolo?) si potesse o non si potesse andare in bici. Tutto bene? Forse sì, se per l'applicazione della delibera non fosse intervenuta, lo scorso ferragosto, una «determina» (così si chiama), la 202, del dirigente del Servizio Turismo che stabiliva come in assenza di divieti specifici le bici potessero andare ovunque. Veniva così banalizzata nelle sue stesse intenzioni, la norma della giunta provinciale. 

Quella norma promuoveva un esame attento, condiviso del territorio, riconosceva il grande patrimonio ambientale e storico che i 5.500 chilometri di sentieri curati dalla Sat costituisce per il Trentino. I sentieri non sono piste di transito, semplici collegamenti fra paesi e rifugi, ma retaggi antichissimi di frequentazioni, uso, lavoro sulla montagna. La Sat non ne è la padrona, ma la custode, meritevole di aver impostato un metodo di classificazione, segnalazione e manutenzione invidiato e copiato al Trentino nel mondo. 

La «determina», invece, dà via libera a far «ciò che si vuole» sui sentieri, a meno di divieti specifici, stravolgendo la stessa essenza di sentiero e il suo ruolo, che non è quello di far da supporto a cartelli «Verboten», ma di offrire serenità e respiro a chi lo percorre. Si dirà: «È una norma provvisoria». Forse, ma come scriveva Indro Montanelli, in politica e nell'amministrazione pubblica «non c'è nulla di più definitivo del provvisorio». E poi non può essere data via libera a chi è più prepotente e veloce, perché vada dove crede: «Vai dove vuoi, a meno che non ci sia un cartello che te lo impedisce o un vigile che ti multa». Non è questa la montagna trentina e non è questo il turismo trentino. 

Allora calpesta anche i prati, se non c'è un cartello, strappa i fiori e i funghi se non ti multano! Ma questo è lo stravolgimento, il tradimento di una cultura della montagna, che resta invece affidata alla responsabilità personale. Il sentiero va rispettato, non è una pista, è un percorso antico, vi sono passati i cacciatori mesolitici, le carovane di muli dell'antichità, i santi come Vigilio e i «romedi» pellegrini verso Roma, i pastori e i malgari, gli emigrati, gli alpinisti. C'è la storia e l'identità del Trentino sui sentieri. E c'è un'occasione turistica formidabile, se rispettano metodi e limiti. I sentieri sono nati per andare a piedi, perché mente e corpo si muovano alla stesso ritmo, non per doversi guardare alle spalle da chi giunge derapando. Tanto più che il Trentino «crede» nelle bici, anche nelle mountain bike. Ha uno dei più bei sistemi di piste ciclabili delle Alpi e d'Italia, ha un sistema di 6.000 chilometri di strade forestali. C'è spazio per tutti, purché ci sia rispetto verso tutti e venga riconosciuta l'unica norma che vale in questi casi, la legge del mare, così simile a quella della montagna: il mezzo più lento ha sempre la precedenza su quello più veloce, la barca sul motoscafo, il pedone sul ciclista.

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