Siamo buoni (e autonomi), e ci tirano le pietre...

Ce la caviamo abbastanza bene, eppure siamo stotto tiro. Perché?

di Barbara Goio

Parecchi anni fa, quando Grillo era ancora un comico, venne a Trento per il suo show, ma diverse cose gli andarono storte. Aveva preparato una serie di battute sull’acqua: “Quanti di voi bevono quella del rubinetto?” E davanti ad una serie di mani alzate aveva dovuto rinunciare a tutte le sue considerazioni sull’acqua bene pubblico e sulle politiche ladresche delle ditte che imbottigliano la minerale. Alla stessa maniera quando aveva chiesto: “Quanti di voi bevono il latte in bottiglia?”, ci era rimasto malissimo a vedere, ancora una volta, i trentini attenti a riciclo e ambiente. Adesso si usano i cartoni e la plastica, ma c’è la differenziata, e quindi è un’altra storia.
 
Questo per dire un paio di cose: la prima è che noi ci teniamo alle nostre risorse e, in generale, le tuteliamo e giochiamo in prima persona. La seconda è che non ci conoscono. Anche quando ci relazioniamo con il resto d’Italia c’è un pochino di diffidenza, mista a curiosità e anche a un po’ di rancore. Il risultato degli attacchi mediatici alla nostra autonomia ricalcano questo modo di pensare: da un lato c’è ammirazione e invidia, dall’altro sospetto e diffidenza. 
 
Ed ecco la domanda, a cui si sta cercando la risposta: perché? Perché a Porta a Porta e da Giletti e anche in altre trasmissioni tivù ci dicono che riceviamo troppi soldi e li sprechiamo? Perché ci dicono che non ce li meritiamo, che non ha senso darceli, che non abbiamo diritto alle competenze assegnate?
 
Ecco alcune possibili risposte che ho raccolto in ambienti molto diversi tra loro:
1. Ignoranza. Ci sono ancora turisti romani che in val Passiria si lamentano che la gente del posto non sappia “bene” l’italiano. Parimenti, non sanno che solo poche generazioni fa il Trentino era Welschtirol, e c’è ancora grande confusione sull’eredità storico-sociale-amministrativa di secoli di governo austro-ungarico. 
2. Invidia. La società civile qui funziona bene, è un dato di fatto. Solidarietà cooperativa, volontariato hanno radici solide. Così come il sistema creditizio e l’uso del libro fondiario: tanti piccoli tasselli che, in effetti, aiutano a gestire al meglio le risorse.
3. Mezzo diversivo. In una crisi dilagante, con la disoccupazione alle stelle e pochi segnali di ripresa, fa comodo prendersela con una provincia che se ne sta per i fatti suoi, che si fa bastare quello che ha (questa risposta potrebbe confluire in quella del “capro espiatorio”).
4. Acque torbide. Avere a che fare un esempio virtuoso, che poi in realtà senza stare a lodarci troppo si tratta solo di gestione normalmente onesta delle risorse pubbliche, può fare sollevare ancora più insofferenza verso lo sfruttamento e la corruzione generalizzata e impunita.
5. Hanno ragione. Da anni cavalchiamo una tigre che non è nostra e abbiamo usato l’autonomia per foraggiare una massa di dipendenti pubblici inefficienti e di responsabili provinciali che fanno la bella vita a spese dei contribuenti.
 
Voi, cosa ne pensate?

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