Donatori del sangue, la gratuità e la paga

di Pierangelo Giovanetti

Caro direttore, ho letto sull'Adige della protesta di donatori di sangue nei confronti di una norma, voluta dall'allora ministro Elsa Fornero, che li obbliga a recuperare, ai fini pensionistici, le giornate «perse» nel corso degli anni per donare il sangue. Mi sembra uno sproposito. Leggiamo spesso gli appelli delle associazioni, affinché sempre più cittadini decidano con generosità di donare il proprio sangue, di cui ci sarebbe grande bisogno. Ma una norma come questa non mi pare che costituisca un grande incentivo, non crede? Temo che saranno in molti, ora, a fare un passo indietro.
Lorenza Valcanover
 


Donare il sangue è un atto di grande generosità ed un modo concreto di fare volontariato. Come altre forme di solidarietà negli anni ha trovato nella legislazione sostegni economici, normativi e previdenziali che pian piano hanno attenuato, se non sminuito, l'elemento della gratuità, caratteristica essenziale del volontario, e l'elemento del dono, che presuppone uno spirito totalmente disinteressato e nessuna forma di compensazione.
Nel tempo sono invalse pratiche che hanno snaturato l'idea originaria della gratuità. Questo a tutti i livelli, e in tutti gli ambiti, tanto che interi comparti di volontariato oggi, anche in Trentino, stanno in piedi grazie ad abbondanti iniezioni di denaro pubblico, perché altrimenti verrebbero meno. Pure nel campo dei donatori di sangue, nel tempo si sono sedimentati alcuni piccoli «privilegi». Per esempio, se un donatore di sangue era lavoratore dipendente, godeva del giorno libero, pagato, e della relativa copertura pensionistica, come se avesse lavorato. Se invece si trattava di un artigiano, un commerciante, o comunque un lavoratore autonomo, questo non valeva, e doveva invece tornare a lavorare come tutti gli altri giorni, portando eventualmente in cuore la contentezza di aver compiuto un atto gratuito e solidale.
In tempi di minor risorse pubbliche e private, e di contenimento di un'eccessiva prodigalità nel concedere permessi e licenze con una certa facilità, il legislatore ha deciso di stringere un po' le prodigalità, e di limitare i «benefici» accordati ai donatori che fossero dipendenti. Sia per risparmiare denaro e copertura previdenziale, sia per eliminare una ingiusta disparità di trattamento fra cittadini donatori.
Questo è accaduto per i donatori del sangue. Forse, invece che protestare per il mancato «favoritismo» garantito, potrebbe essere l'occasione per avviare una seria e profonda riflessione su quelli che sono i valori autentici del volontariato e della donazione, che si fondano tutti sul presupposto della gratuità.
 p.giovanetti@ladige.it
  Twitter: @direttoreladige

comments powered by Disqus