Non fate arrabbiarele ragazze del '31

di Paolo Ghezzi - NO

«Basta, hai chiuso con l’andare in giro in macchina, mamma. Alla tua età ma soprattutto con gli occhi che ti ritrovi! Rischi di far male agli altri e a te stessa.. E non voglio venire a raccattare il morto dopo che l‘hai preso sotto!».
Il figlio avvocato è irremovibile. Anche se la madre, classe 1931, ha ancora la patente valida, le vuole togliere la libertà di circolazione.
Ma per la signora la sua piccola Bmw nera è uno strumento di emancipazione, un mezzo di socializzazione, non solo di trasporto. Senza macchina si sente invecchiata in anticipo, deprivata, punita solo perché da un occhio non ci vede quasi più.
E allora decide di dimostrare al figlio in carriera che le ragazze che da piccole hanno fatto le staffette della resistenza non si liquidano così. E allora la signora apre l’armadio di camera sua e da dietro l’accappatoio bianco estrae il suo flobert a pallini con cui raramente ha fatto cilecca. Si apposta alla finestra e prende la mira. Sul cornicione della casa di fronte uno di quegli odiosi piccioni che le hanno fatto un macello tra tetto e balcone.
La signora non ha nulla di personale contro i piccioni ma si ritiene titolata a esercitare la legittima difesa. Il figlio avvocato è d’accordo sullo sterminio dei pennuti anche se predilige metodi più industriali.
La signora comunque ha deciso di mandare un segnale forte ai piccioni, agli oculisti, all’ufficio patenti e al figlio avvocato che le vuol togliere la Bmw la libertà di movimento e la coraggiosa allegria di ragazza del trentuno solo perché non ci vede più dall’occhio destro.
Così chiude l’occhio destro, mira col sinistro, fa un respiro profondo e preme il grilletto del fucile. Prende il piccione alla testolina e quello cade sul selciato senza quasi soffrire.
Allora la signora telefona al figlio avvocato che ha lo studio nella stessa magnifica casa del centro storico. Gli dice solo: scendi in strada, avevi ragione, c’è scappato il morto.
E per quel giorno è perfettamente, amaramente, chirurgicamente felice.

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