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Autonomia regionale differenziata: ecco le novità della legge, martedì il via libera in Senato

Paletti e polemiche accompagnano il primo traguardo parlamentare: ieri palazzo Madama ha concluso il voto degli emendamenti fra proteste di piazza, specialmente al Sud. Nuovo scenario con l'ok alla norma che prevede come precondizione la garanzia dei livelli essenziali di prestazione in tutte le regioni

ROMA. Paletti e polemiche accompagnano il primo traguardo per l'Autonomia differenziata. Il Senato ha concluso il voto degli emendamenti tra proteste di piazza, specialmente al Sud, e rinvii di Aula. Martedì arriverà il via libera poi il provvedimento proseguirà il suo iter alla Camera.

L'operazione riforme entra nel vivo e anche il test di tenuta della maggioranza. Sbloccato il ddl Calderoli la prossima settimana ci sarà un nuovo vertice dei partiti di governo sul premierato. Tandem che le opposizioni hanno ribattezzato il "Barattellum".

In piazza manifestazioni contro l'autonomia differenziata si sono svolte a Napoli e in altre città, così come è ampio il fronte dei sindaci del Sud schierati contro la riforma.

A tener banco nella movimentata giornata parlamentare di ieri a palazzo Madama è stata la riformulazione dell'emendamento di Fratelli d'Italia chiesta dal Mef che riguarda il finanziamento dell'operazione Autonomia.

La quadra che spiana la strada al ddl Calderoli è il nuovo testo dove i meloniani mettono nero su bianco che la coesione nazionale non si tocca e che se non ci sono le risorse per i livelli essenziali di prestazione (Lep) niente Autonomia differenziata.

È soddisfatto, alla fin fine, anche il padre della riforma, il ministro Calderoli, che ha seguito passo passo la genesi del testo e vede avvicinarsi sempre di più la meta: "È una bella giornata, contenti di questo ulteriore passo avanti. E anche martedì confido che sarà una bella giornata".

L'emendamento a prima firma Andrea De Priamo passa con 90 sì, un contrario e 62 astenuti. Le opposizioni si astengono perché i contenuti sono in linea con la loro idea di tenuta dell'unità del Paese. Ma sul provvedimento non fanno sconti, ribadiscono "una scatola vuota" che "Spaccherà l'Italia".

Puntano l'indice sull'invarianza di spesa che vuol dire costo zero, quindi "come fare le nozze con i fichi secchi", chiosano. Promettono battaglia dentro e fuori i palazzi, minacciando anche un referendum abrogativo. Il capogruppo 5s Stefano Patuanelli ritiene la mediazione di FdI un "pannicello caldo di fronte al vero problema: voler attuare l'Autonomia a saldi invariati".

"Non c'è un solo centesimo, Fdi vuole apparire il partito che salva la coesione, ma è un giochino tra loro e la Lega", precisa il capogruppo Pd Francesco Boccia. Secondo il presidente di Iv Enrico Borghi il rischio è "di aumentare la confusione, la burocrazia e la ridondanza".

Il timore di Avs è invece quello di "Sbaragliare il sistema di istruzione e di mettere profondamente a rischio l'economia scolastica".

A stemperare il clima tra le due barricate interviene il presidente della commissione Affari costituzionali, Alberto Balboni (FdI): "Le risorse verranno trovate in sede di intese e sarà questo Parlamento a votare la legge con la quale si finanzierà la devoluzione di determinate materie". Poi a sorpresa afferma: "Mortificante dover soggiacere a questi diktat", lasciando intendere che la richiesta di riformulazione non è piaciuta nemmeno a lui. Alcuni leggono l'intervento come un attacco al governo, ma chi lo conosce come il più meloniano dei meloniani interpreta le sue parole come un 'alert' ai compagni leghisti per evitare scatti in avanti e ulteriori arroccamenti. Fa poi notare: "Forze politiche di opposizione affermano qui solennemente di aver presentato emendamenti uguali a questo, se fosse stato possibile un maggiore confronto forse si poteva arrivare a un testo condiviso".

L'ultimo scossone al disegno di legge sull'Autonomia differenziata arriva direttamente dal ministero dell'Economia. È infatti una clausola richiesta da via Venti Settembre a far virare il testo del ddl Calderoli verso il rispetto degli "obiettivi programmati di finanza pubblica" e degli "equilibri di bilancio".

Un ultimo tassello aggiunto all'emendamento proposto da Fratelli d'Italia per tutelare la "coesione nazionale", conditio sine qua non richiamata dai suoi esponenti già dalle prime battute dell'iter del testo al Senato. È proprio questa richiesta di modifica, presentata dal senatore FdI Andrea De Priamo e approvata a Palazzo Madama, a costituire l'ultima correzione sostanziale al testo prima dell'approdo alla Camera.

Al centro della mossa finale di FdI ancora i Livelli essenziali di prestazione (Lep). L'emendamento a firma De Priamo, infatti, vuole assicurare "i medesimi Lep sull'intero territorio nazionale, ivi comprese le Regioni che non hanno sottoscritto le intese, al fine di scongiurare disparità di trattamento tra le Regioni".

L'emendamento, così, estende le risorse per garantire i Livelli essenziali di prestazione anche alle Regioni che non fanno esplicita richiesta di devoluzione. Un allargamento delle maglie del meccanismo di definizione e finanziamento dei Lep non da poco. È quindi sulle risorse che l'emendamento introduce una ulteriore condizione, che è proprio quella caldeggiata dal Mef e che impone di rispettare la "coerenza con gli equilibri di bilancio" nella determinazione dei Lep. Insomma, sintetizza qualcuno della maggioranza in Transatlantico, "senza Lep garantiti e finanziati per tutte le Regioni niente devoluzione".

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