Elezioni / Timing

I tempi per la formazione del nuovo governo: ecco tutto quello che c’è da sapere

Sia per il risultato chiaro che è emerso dal voto, sia per le emergenze che premono, i tempi per dare a Palazzo Chigi un nuovo inquilino non sembrano destinati ad allungarsi troppo

SCONFITTA Rossini non ce l'ha fatta

ROMA. Il timing per la formazione del nuovo Governo dopo il voto del 25 settembre ha un'unica data certa: quella del 13 ottobre, quando si dovranno riunire, per la prima volta, le Camere. L'articolo 61 della Costituzione prevede, infatti, che i due rami del Parlamento vengano convocati "non oltre il ventesimo giorno" dal voto. Ma tutto il resto può cambiare, anche se le urne hanno consegnato alle forze politiche un risultato politico piuttosto chiaro che vede la coalizione di centrodestra sopra il 44% e Fratelli d'Italia come primo partito con il 26%.

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nei giorni scorsi, aveva manifestato più volte l'intenzione di far presto, visto il momento delicato che sta passando l'Italia, con l'inflazione alle stelle e la crisi energetica che preme. E anche se il tempo medio per la formazione di un Governo, secondo alcuni osservatori istituzionali, è stato di circa 30/35 giorni, non sono mancati esempi di periodi molto più lunghi.

Nella scorsa legislatura, ad esempio, a fronte di elezioni tenute il 4 marzo 2018, il governo giallo-verde, il Conte 1, si insediò solo l'1 giugno. Viceversa, nel 2001, quando il 13 maggio si affermò in modo chiaro un centrodestra unito, già l'11 giugno, cioè dopo meno di un mese, il governo Berlusconi giurava al Quirinale. Il 13 ottobre, in ogni caso, sarà una data spartiacque perché i senatori e i deputati eletti, dopo aver dato vita ai gruppi parlamentari, dovranno scegliere come primo atto i presidenti di Camera e Senato: un voto che di fatto indica una maggioranza e prelude a un accordo di massima sul Governo.

La vittoria della Meloni sui siti internazionali

Con una breaking news sul proprio sito e su Twitter, è la Bbc la prima testata internazionale a dare conto, appena passate le 23, degli exit poll delle legislative in Italia: "Giorgia Meloni di estrema destra si appresta a vincere le elezioni ed è in procinto di diventare la prima donna premier". "Il partito post-fascista di Giorgia Meloni in testa", è il bulletin dell'agenzia France Presse.

Una volta eletti i vertici del Parlamento, prenderanno il via le consultazioni del Capo dello Stato che chiamerà al Quirinale i Capigruppo, i leader delle coalizioni, gli ex presidenti delle Camere e i presidenti emeriti della Repubblica per capire gli orientamenti prima di affidare l'incarico a formare il nuovo Esecutivo. Un incarico che il centrodestra ora chiederà per Giorgia Meloni, vincitrice indiscussa della tornata elettorale.

Qualora l'incarico sia pieno, come avvenne nel 2001, la persona prescelta si presenterà dopo pochi giorni con la lista di ministri. Se, invece, sarà "con riserva", come avvenne con Carlo Cottarelli nel 2018, il presidente incaricato svolgerà, a sua volta, delle consultazioni che lo porteranno a sciogliere la riserva e a presentare la lista dei ministri al Colle o a rinunciare. In teoria, il Capo dello Stato potrebbe affidare anche un "incarico esplorativo" a una personalità terza per vedere se si potrà dar vita ad una nuova maggioranza.

Un precedente, in questo senso, si ebbe, sempre nel 2018, quando Mattarella affidò questo tipo di incarico, prima alla Presidente del Senato, Elisabetta Casellati, e poi a quello della Camera, Roberto Fico. In ogni caso, quando la persona incaricata avrà concordato la lista dei ministri con il Colle, il Governo potrà giurare al Quirinale e a quel punto potrà ritenersi formalmente insediato. Poi, entro 10 giorni, dovrà chiedere e ottenere la fiducia dai due rami del Parlamento. E solo dopo, l'Esecutivo sarà nel pieno dei poteri.

Il Capo dello Stato potrebbe anche opporsi alla nomina di un ministro come avvenne nel 1994 con Oscar Luigi Scalfaro che disse no a Cesare Previti alla Giustizia o nel 2014 quando Giorgio Napolitano non volle Nicola Gratteri, proposto da Matteo Renzi, a via Arenula. Ma anche lo stesso Mattarella si oppose nel 2018 all'indicazione di Lega e M5S per Paolo Savona all'Economia.

Le incognite, insomma, potrebbero esserci, ma sia per il risultato chiaro che è emerso dal voto, sia per le emergenze che premono, i tempi per dare a Palazzo Chigi un nuovo inquilino non sembrano destinati ad allungarsi troppo.

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