«Noi siamo seri, devono esserlo anche loro». Pugno duro della Provincia contro i profughi

Parla l'assessore Zeni

di Matteo Lunelli

Quella protesta, seppur non violenta, e quel blocco del traffico a favore di telecamere e macchine fotografiche, non è andato giù a nessuno in Provincia (i fatti). Prima le opposizioni «scatenate» con tweet, post, comunicati e conferenze stampa. Poi la reazione, immediata, del presidente Ugo Rossi. Anche il giorno dopo, a freddo, il giudizio su quanto accaduto non cambia di una virgola: nessuna giustificazione e nessuna comprensione verso quei ragazzi.
 
L’assessore alle politiche sociali Luca Zeni lo conferma. «Noi gestiamo con serietà l’accoglienza, siamo un modello. Loro devono dimostrare pari serietà e rispettare le regole. Se non lo fanno ci sono sanzioni disciplinari». Sanzioni già richieste venerdì, poco dopo che i richiedenti asilo erano rientrati nella Residenza Brennero al termine della protesta. «Abbiamo inviato la richiesta formale di allontanamento dal progetto di accoglienza trentino di nove persone. Abbiamo mandato tutto al commissario del governo che adesso valuterà la nostra richiesta e poi prenderà dei provvedimenti. Diciamo che chiediamo allo stato di prendersi cura di loro». 
 

Protesta in via Brennero

 
 
Domani, assessore Zeni, ci sarà l’incontro tra alcuni dei ragazzi e i rappresentanti del commissariato del governo? 
 
«Il promotore dell’incontro è stato proprio il commissariato: si trattava anche di un modo per far terminare la protesta e per stemperare la tensione che c’era venerdì. Credo proprio si farà».
 
Ma come Provincia, personalmente o tramite Cinformi, non potreste fare la classica «ramanzina» e chiudere la questione? 
 
«Quello che possiamo fare come Pat è limitato: se qualcuno sgarra possiamo togliere il pocket money oppure se ci sono casi di convivenze difficili in una struttura possiamo fare degli spostamenti. Per episodi più gravi possiamo segnalare e avanzare una richiesta». 
 
A freddo, valutato con calma quanto accaduto, c’è qualche margine per una sorta di «perdono»? 
 
«Non cambiamo idea: l’approccio deve essere rigoroso e pretendiamo il rispetto delle regole». 
 
Il richiedente asilo che abbiamo intervistato ieri ha 17 anni e da 2 è a Trento in attesa. C’è una soluzione per questo? 
 
«Quello che stiamo proponendo è l’unica soluzione: piccoli gruppi per rendere più facile il coinvolgimento sociale, coinvolgere diocesi, associazioni e società per fargli fare attività di volontariato. Certamente, però, i due anni di attesa non sono accettabili. Abbiamo chiesto di velocizzare, ma questa competenza è nazionale, non nostra».
 
Una cosa che hanno detto i ragazzi che protestavano venerdì in via Brennero ci ha colpito: «Non possiamo lavorare e guadagnarci i soldi per vivere una vita normale. Due anni senza fare nulla sono lunghi. Cosa dobbiamo fare? Spacciare? Rubare?». Cosa ne pensa? 
 
«Ribadisco che l’attesa così lunga non va assolutamente bene e su quei tempi ci giochiamo tanti aspetti importanti. Detto questo la loro non è una scusa legittima. Qui trovano un sistema che funziona e sono tutelati: questo devono riconoscerlo. Hanno tirocini e attività di volontariato per mettersi in luce. Il mio invito è a rimboccarsi le maniche e cogliere le opportunità per costruirsi un futuro».

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