Rapporti con l'estrema destra, Israele congela visita di Salvini

Altolà dell’ambasciata israeliana a Roma alla programmata visita del segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, a Gerusalemme.

In un email inciato alla Lega Nord, si aprla di un «problema tecnico» legato al momento di intensa attività parlamentare in siraele che precluderebbe la visita a Gerusalemme del politico lombardo.

Naor Gilon, ambasciatore di Israele in Italia, dunque, dà una motivazione ufficiale del tutto soft.

In realtà, fonti diplomatiche bene informate fanno notare che lo stop alla missione in terra ebraica è legato agli tretti rapporti del partito con movimenti neofascisti italiani e il l’estrema destra francese del Front National, nonché all’atteggiamento pesantemente ostile della Lega Nord verso profughi e immigrati.

Anche la Nigeria lo scorso settembre ha negato il visto di accesso al leader leghista che aveva programmato un viaggio di quattro giorni all'insegna del motto «Aiutiamoli a casa loro». Le motivazioni del diniego sono ignote, forse a causa del mancato invito da parte delle autorità locali e delle preoccupazioni per la sicurezza dell'esponente politico italiano in un Paese particolarmente rischioso.


Frattanto, continuano episodi e polemiche sulle prese di posizione dei leghisti nelle istituzioni.

Il Comune di Padova ha detto no alla richiesta dell’Arcigay, promotore dell’incontro, all’utilizzo di una sala per la presentazione del libro della filosofa e deputata Pd Michela Marzano «Papà, mamma e gender».

«È triste - rileva il deputati Pd Gero Grassi - questo episodio. Si può essere d’accordo o meno con le analisi e le proposte della nostra collega di Partito - io, ad esempio non sono quasi mai d’accordo con lei - ma come può un Comune interdire uno spazio pubblico perché il consiglio comunale ha approvato una mozione contro la teoria gender, oggetto del libro? Purtroppo, credo che la scelta del sindaco Bitonci sia un piccolo anticipo della cultura come la intende il suo leader di Partito, Matteo Salvini».

L’iniziativa, secondo Bitonci, si porrebbe «in antitesi rispetto all’indirizzo programmatico dell’amministrazione comunale su tale tematica».

Nel motivare il rifiuto si ricorderebbe che il consiglio comunale di Padova, con la mozione sulla famiglia naturale approvata il 5 ottobre scorso, «ha impegnato sindaco e giunta a vigilare affinchè non venga introdotta e promossa la ‘teoria del gender’ e che venga al contempo rispettato il ruolo della famiglia nell’educazione all’affettività e alla sessualità».

Il deputato Alessandro Zan (Pd) commenta: «Quest’ennesimo divieto di Bitonci, le cui motivazioni appaiono ridicole e offensive verso il senso delle istituzioni puzza di fascismo: un sindaco non può permettersi di impedire ai padovani di usufruire spazi che sono di tutti, e non appartengono nè a lui nè del suo partito omofobo, retrogrado e razzista, che gli piaccia o no».

Zan a Padova ha organizzato il Gay Pride nel 2002 ed è stato assessore all’ambiente, al lavoro e alla cooperazione internazionale dal 2009 al 2013.

«Ciò che sta avvenendo da mesi in città - afferma il parlamentare - assomiglia sempre più a una dittatura liberticida, un clima politico e morale coscientemente creato con la propaganda che nega la libertà di espressione ai cittadini e soffoca la democrazia».

Il dibattito con Marzano, Zan e Arcigay Padova si trasformerà, annunciano gli organizzatori, in un incontro, sempre per sabato 14 novembre, alla Libreria delle donne Librati, in via Barbarigo a Padova.

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