Migranti, l'Ue accelera l'operazione anti-scafisti

Mentre continua incessante il flusso dei migranti verso l'Europa l'Ue lancia un'operazione anti-scafisti che si chiamerà Sofia, come la bimba nata da una madre somala salvata su una nave della marina tedesca. Intanto l'Ungheria alza muro anche con la Slovenia, e sale la tensione al confine tra la Serbia e la Croazia per chiusura frontiera. Davotoglu chiede sostegno Europa per arrivi profughi da Siria. Tusk; grande marea deve ancora arrivare.

L'operazione Sofia -L'Alto rappresentante per la Politica estera Ue, Federica Mogherini, ha proposto di rinominare l'operazione Ue contro il traffico di esseri umani nel Mediterraneo - denominata al momento Eunavfor Med - "Sofia", come la bambina nata recentemente a bordo di una delle navi impegnate nell'operazione, "per dare un segnale di speranza". La proposta nasce, ha spiegato Mogherini, "per dare un segnale di speranza e per onorare le vite delle persone che stiamo salvando e proteggendo". "La fase due dell'operazione europea (Eunavfor) contro i trafficanti di migranti inizierà il 7 ottobre. La decisione politica è presa, gli asset sono pronti".

In una lettera ai leader Ue, il premier turco Ahmet Davotoglu dice di attendere l'arrivo di sette milioni di profughi dalla Siria, che probabilmente vorranno arrivare in Europa e chiede la collaborazione europea affinché si costituisca una 'zona sicura' in territorio siriano per l'accoglienza dei rifugiati. Lo si apprende da fonti Ue.

"La visita al centro di comando dell'operazione Eunavfor Med è stata un'occasione per essere aggiornata su quanto fatto nella fase uno. Ora sappiamo come lavorano i trafficanti di esseri umani della rotta centrale del mediterraneo e siamo pronti a smantellare la loro rete". Lo ha detto l'Alto rappresentante della Politica estera Ue, Federica Mogherini.

Alexis Tsipras finisce sulla graticola al summit straordinario dei leader Ue. Vari partner rimproverano alla Grecia le migliaia di migranti che attraversano la frontiera senza registrazione ed il fuoco che covava nella cenere si accende in una discussione sugli hotspot. Ma è uno scambio costruttivo, che porta alla decisione di fissare una data certa per la loro attivazione.

"Entro fine novembre", spiega il presidente del consiglio Ue Donald Tusk. L'Europa si ricompatta sulla necessità di riportare le sue frontiere esterne sotto controllo, dopo lo strappo con i Paesi dell'Est sui 120mila ricollocamenti. Il vertice apre la strada ad un piano comune per far fronte alla peggiore crisi di profughi dal dopoguerra. Il premier Matteo Renzi parla di "notte importante". E anche dai quattro premier (Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria e Romania) che hanno votato contro il meccanismo di ridistribuzione e si sono visti imporre la decisione non ci sono state reazioni particolari.

"L'atmosfera è stata migliore delle mie attese. Sono soddisfatto", puntualizza il presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker. E Tusk parla di "momento simbolico" perché si è messo fine al "gioco rischioso del biasimo reciproco". Tra l'altro i quattro Paesi del cosiddetto gruppo Visegrad (Slovacchia, Rep. Ceca, Polonia e Ungheria) si sono presentati alla riunione con una dichiarazione congiunta esprimendo, in parte, i concetti delle conclusioni del vertice.

Il summit si è riunito dopo che Bruxelles ha aperto una quarantina di procedure di infrazione contro 19 Stati per mancanze nell'applicazione dei regolamenti sul sistema comune d'asilo (registrazioni, raccolta di impronte, accoglienza e rimpatri). L'Italia non è nel gruppo. E anche se l'Europa insiste sulla necessità di applicare in pieno il regolamento di Dublino - come si ribadisce nella dichiarazione finale - il premier Matteo Renzi sottolinea come un "passettino" dopo l'altro si stia andando "verso il suo superamento".

L'Alto commissario Onu per i rifugiati, Antonio Guterres, ha espresso la sua "delusione" per la mancata adozione, da parte del vertice Ue straordinario svoltosi ieri, di interventi destinati a offrire percorsi 'sicuri' ai profughi in cerca di asilo che vogliono raggiungere l'Europa. E' quanto si legge in una nota dell'Unhcr.

L'ondata più grande di profughi "deve ancora arrivare", dice Tusk ed "è chiaro a tutti che non possiamo continuare come prima" con "porte e finestre aperte", e si pensa alla creazione di guardie di frontiera Ue. Ma occorre anche sostegno economico ai Paesi del vicinato più esposti alle crisi di Iraq e Siria, a partire dalla Turchia, il cui presidente Erdogan sarà a Bruxelles il 5 ottobre prossimo. I fondi a disposizione però non bastano e Bruxelles ha richiamato i partner comunitari a mettere sul piatto 'denaro fresco', ottenendo riscontri positivi. Ai Paesi si sono chiesti 500milioni di euro per il 'trust fund' per la Siria (a cui l'Italia contribuisce con tre milioni di euro e la Germania con cinque); 1,8 miliardi di euro per il 'Fondo per l'Africa'; ma anche che gli stanziamenti dei Paesi ("drasticamente ridotti" nel 2015) per le agenzie che si occupano di rifugiati come il World food program e l'Unhcr tornino ai livelli del 2014, fino ad un miliardo di euro almeno. Un confronto anche sulla situazione in Siria e in Libia.

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