I post in Fb sulle torture alla Diaz, poliziotti puniti

Il capo della polizia Alessandro Pansa ha annunciato per questa mattina un provvedimento per sollevare dall’incarico il dirigente del reparto mobile di Cagliari, Antonio Adornato. Il dirigente aveva messo un «like» al post sul massacro della Diaz pubblicato dal poliziotto Fabio Tortosa du Facebook.
«Io sono uno degli 80 del VII nucleo. Io ero quella notte alla Diaz. Io ci rientrerei mille e mille volte», aveva scritto Tortosa il 9 aprile scorso sulla sua pagina Facebook, dichiarando di essere uno dei poliziotti che presero parte al sanguinoso blitz della sera del 21 luglio 2001 alla scuola Diaz di Genova, durante il G8, nel quale furono picchiate circa ottanta persone colte nel sonno, nelle aule utilizzate come dormitorio.
Per quei fatti drammatici la Corte europea dei diritti dell’uomo la settimana scorsa ha condannato l’Italia, accogliendo il ricorso di un anziano vicentinop che fu tra i pestati, Arnaldo Cestaro. La Corte, nel su giudizio, afferma che in quell’occasione la polizia italiana si macchiò del reato di «tortura», reato peraltro non ancora contemplato dall’ordinamento nazionale, il che a 14 anni dai fatti, secondo i giudici europei rappresenta un aggravante per il nostro Paese.

Il post poi è stato rimosso, ma nel frattempo era già scattata l’indagine e poco fa lo stesso capo della polizia ha annunciato che questa mattina Tortosa verrà sospeso dal servizio.

«Oggi i reparti mobili, la polizia, sono un’altra cosa, sono diversi. La polizia è paladina della legalità», ha detto Pansa, aggiungendo che «se c’è qualcuno che sbaglia, sbaglia lui e verrà sanzionato».
In merito alla recente sentenza della Corte di Strasburgo, Pansa ha spiegato: «Quel problema è stato analizzato e studiato e abbiamo trovato le contromisure, abbiamo lavorato e stiamo lavorando. Abbiamo altri modelli comportamentali e altre tecniche operative. Siamo tutori e difensori della legalità e della democrazia. La polizia è paladina della democrazia e della libertà, in tutti i suoi atteggiamenti, su questo non c’è dubbio alcuno».

Alla fine, l’autore del post incriminato ha deciso di chiedere scusa alla famiglia del giovane ucciso da un carabiniere a Genova: «Quello che ho scritto di Carlo Giuliani non è da uomo e non è da me. Me ne vergogno. Per quel che può servire, chiedo scusa ai suoi genitori. E chiedo scusa a mia madre, che ha 78 anni, perché ha conosciuto la tragedia di sopravvivere alla morte di un figlio. Uno dei miei due fratelli. Aveva 15 anni.
Spero mi perdoni da dov’è anche mio padre, che era un meccanico dell’Atac, e che per quello che mi ha insegnato nella vita si vergognerebbe. Il mio sbaglio è stato troppo grande da non dire anche un’altra cosa. Mai più si dovrà dire di Giuliani “si certo è morto, ma...”. Non so cosa mi sia successo. O forse lo so. Ero furioso», dice Fabio Tortosa in un’intervista al quotidiano La Repubblica.
Quanto al blitz alla scuola Diaz, Tortosa invece sottolinea: «Io non sono un torturatore. Non lo siamo stati noi del VII Nucleo. E solo per questo motivo ho scritto che sarei tornato alla Diaz. Perché non ho nulla di cui chiedere scusa per quanto feci quella notte.
Un commento di un suo collega al suo post inneggiava ai «torturatori con le palle», e Tortosa afferma: «Avrei dovuto avere la lucidità di capire a quel punto che la discussione era fuori controllo. E interromperla. Purtroppo non l’ho avuta.
Chi fa violenza su un inerme, commette un atto di tortura.
Dunque, alla Diaz fu tortura. Ma io, in 22 anni di polizia, non ho mai torturato nessuno. Per questo ho gridato dopo quella sentenza». Secondo Tortosa quella notte «fu uno scempio.
Che fece 159 vittime. I 79 nella scuola che vennero massacrati nel corpo e nella testa, e gli 80 di noi del VII, perfetti capri espiatori di quanto era accaduto».
In Parlamento c’è chi chiede una commissione parlamentare di inchiesta. «Ne sarei felice - spiega il poliziotto -. Sarebbe l’unico modo per uscire dalla logica del capro espiatorio. Io non ne ho paura. Su altri non potrei scommettere».

Al suo fianco si è schierato nuovamente il Consap, il sindacato di cui fa parte, ribadendo che si tratta di «un professionista dell’ordine pubblico», ma anche il Coisp, il sindacato già finito nella bufera dopo aver manifestato platealmente in solidarietà con gli agenti condannati per la morte di Federico Aldrovandi.

Ieri il padre di Carlo, Giuliano Giuliani, ha scritto una lettera aperta al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. «Come lei certamente sa un agente della polizia di Stato oltre a rivendicare con orgoglio la sua partecipazione alla ‘macelleria messicanà della Diaz, ha rivolto a mio figlio offese insopportabili», scrive. «Concorderà con me che un agente in servizio è un rappresentante dello Stato» e dunque, «non ritiene che Lei dovrebbe chiedere scusa a Carlo in nome dello Stato?».

Allarmato il presidente della commissione diritti umani del Senato, Luigi Manconi: «Una parte delle forze di polizia è gravemente malata e lo provano in maniera inequivocabile le irresponsabili parole di Tortosa ma anche i silenzi complici, i consensi taciti e l’omertà così diffusa all’interno del corpo. È urgente intervenire prima che sia troppo tardi, riformando radicalmente le forze di polizia». Così come è «improrogabile l’adozione del codice identificativo» per tutti gli appartenenti, «per individuare e sanzionare i responsabili di abusi e violenze».

«Tortosa sospeso dal servizio. bene decisione polizia. Abbiamo fatto il giusto e lo abbiamo fatto presto», commenta il ministro dell’Interno Angelino Alfano in un tweet sulla sospensione del poliziotto.

Ma Sinistra ecologia e libertà vuole altro dal governo: «Il Viminale ha annunciato con tempestività che ci saranno provvedimenti sulle inaccettabili parole sul Web di appartenenti alla polizia di Stato relative ai drammatici fatti del G8 di Genova di 14 anni fa. Forse però è anche arrivato il momento di spalancare davvero porte e finestre nei Palazzi degli apparati. Non ci interessa individuare il capro espiatorio di comodo, ma forse è necessario verificare se siamo di fronte a qualche irresponsabile oppure se si tratta di un fenomeno più esteso e che interroga tutti sul ruolo, sulla formazione, e sulle responsabilità delle nostre forze dell’ordine.

Aprire un confronto nelle istituzioni e nelle forze dell’ordine su questi temi è quantomai urgente. Da una parte la Costituzione della Repubblica e le sue leggi come bussola e dall’altra l’individuazione di meccanismi efficaci per individuare i responsabili degli abusi e violenze, a partire dal codice identificativo già presente nelle polizie di tutta Europa. Sul G8 di Genova 2001, sulle troppe ombre, sulle troppe omertà, sulle responsabilità politiche la strada maestra non può che essere la Commissione d’inchiesta parlamentare», sostiene dice il coordinatore nazionale di Sel, Nicola Fratoianni.

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