Legge elettorale è di nuovo in «stand by»

Una settimana ancora. La legge elettorale è di nuovo in «stand by». La delicatezza del momento sconsiglia di giocare la rischiosa partita del voto segreto sugli emendamenti all'Italicum mentre è in discussione la guida del governo. Il Pd decide perciò di far propria la richiesta delle opposizioni di concedere altre 48 ore per i subemendamenti al testo. E le votazioni previste per ieri pomeriggio vengono rinviate a martedì 18 febbraio

Una settimana ancora. La legge elettorale è di nuovo in «stand by». La delicatezza del momento sconsiglia di giocare la rischiosa partita del voto segreto sugli emendamenti all'Italicum mentre è in discussione la guida del governo. Il Pd decide perciò di far propria la richiesta delle opposizioni di concedere altre 48 ore per i subemendamenti al testo. E le votazioni previste per ieri pomeriggio vengono rinviate a martedì 18 febbraio.
Il tema delle riforme è strettamente connesso a quello del governo. Lo dice Matteo Renzi di primo mattino, incontrando i deputati del Pd: «Il governo così com'è aiuta le riforme o no?».
Per questa ragione, spiegano dal Pd, è essenziale dirimere la questione della possibile staffetta tra Letta e lo stesso Renzi a palazzo Chigi, prima di rimettere mano all'Italicum. Ma lo schema, assicurano i renziani, non cambia: resta l'accordo con Forza Italia e dalla settimana prossima si riprenderà a correre.
«Grande rispetto per i problemi interni al Pd, ma siamo in ritardo di tre settimane», punzecchia Renato Brunetta. Comunque, al termine di una riunione del gruppo FI alla Camera con Denis Verdini, gli azzurri fanno sapere che l'intesa tra Renzi e Berlusconi resta in piedi se, come sembra, anche il segretario Pd rispetterà il suo impegno. Certo, ammettono i berlusconiani, l'approdo del sindaco a Palazzo Chigi aprirebbe nuovi scenari, ma resta l'intenzione di fare insieme le riforme.
La speranza dei piccoli partiti e di parte della minoranza Pd è che con Renzi premier e una legislatura in prospettiva più duratura, si aprano nuovi margini di riflessione e modifica alla legge elettorale. Ma gli uomini del segretario assicurano che si andrà avanti sulla via tracciata. E fanno notare che lo stesso Renzi nell'assemblea con i deputati ha ribadito che il testo dell'Italicum «non può essere modificato in modo unilaterale».
Dunque, si cambia solo se c'è l'ok di FI. «Il Pd - ha avvertito il sindaco - ne esce solo come una squadra unita. Se non portiamo a casa questo passaggio salta l'Italia e l'Italicum».
Renzi non ha chiesto, per ora, ai deputati della minoranza di ritirare i loro emendamenti fuori dall'accordo con FI. Ma gli azzurri sono convinti che alla fine farà rispettare l'impegno: no alle primarie per legge, no a un rafforzamento della parità di genere. No anche all'emendamento Lauricella, che vincola l'entrata in vigore dell'Italicum alla riforma del Senato. Ma come segnale di apertura, FI si dice disposta a sostenerlo se verrà trasformato in un ordine del giorno. Un'ipotesi che il deputato Pd Lauricella rispedisce al mittente.
Altri nodi restano aperti. FI, per esempio, intende concedere le candidature multiple chieste da Ncd in non più di cinque collegi, un numero che agli alfaniani non basta. Ncd inoltre chiede una clausola di salvaguardia, perchè non vadano dispersi i voti delle coalizioni che superano il 12% ma in cui nessun partito va oltre il 4,5%. Si discute inoltre delle soglie del «salva Lega» e anche della delega al governo per disegnare i collegi. C'è ancora una settimana, adesso, per sciogliere i nodi, che sono anche politici.

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