Per il Quirinale è «tutti contro tutti»

Volano «schiaffi» tra  il segretario del Pd e Matteo Renzi. «Ho solo detto che bisogna fare presto, mi dispiace che Bersani cerchi l'insulto. Mi dispiace che i destini personali siano talmente più importanti...» Il «rottamatore» aspetta ventiquattro ore, poi lancia le sue bordate. Non manda giù l'attacco del segretario, non tollera che abbia definito «indecenti» le sue posizioni e al Tg5 consegna la sua risposta durissima. Non si morde più la lingua, il sindaco, che boccia senza mezzi termini le possibilità di Marini e Finocchiaro per il Quirinale

Volano «schiaffi» tra  il segretario del Pd e Matteo Renzi. «Ho solo detto che bisogna fare presto, mi dispiace che Bersani cerchi l'insulto. Mi dispiace che i destini personali siano talmente più importanti...» Il «rottamatore» aspetta ventiquattro ore, poi lancia le sue bordate. Non manda giù l'attacco del segretario, non tollera che abbia definito «indecenti» le sue posizioni e al Tg5 consegna la sua risposta durissima. Non si morde più la lingua, il sindaco, che boccia senza mezzi termini le possibilità di Marini e Finocchiaro per il Quirinale. E guarda oltre: «Mi piacerebbe sfidare Berlusconi» nelle urne e «mandarlo in pensione», dichiara.
Si apre dunque con una guerra interna al Partito democratico una settimana decisiva per le sorti della legislatura. Bersani, che potrebbe tornare a incontrare Silvio Berlusconi in questi giorni, guiderà i giochi del Pd nella partita per la presidenza della Repubblica. Con la consapevolezza che ad essa è legata la partita parallela per il governo. La sua linea resta ferma: nessun governissimo, ma un governo di «cambiamento», di minoranza. Ma il percorso di Bersani è minato da un Renzi che in tv lo accusa di mettere «i destini personali» davanti a quelli del Paese. Bersani non replicherà ufficialmente, raccontano i suoi, fino a quando non si chiuderà la delicata partita politica che si sta giocando per le sorti del Paese. Ma chi è vicino al segretario si fa sfuggire giudizi sferzanti che riassumono il pensiero del segretario: «Renzi ha fatto tutta la sua carriera politica insultando e rottamando i compagni di partito».
Dalla parte di Bersani resta intanto schierato Nichi Vendola, che dice di «non auspicare alcuna scissione nel Pd, né deflagrazione interna», ma intanto difende Prodi: «Sarebbe intollerabile pensare a una sua esclusione». Dunque, rimane sempre rovente lo scontro sul professore di Bologna, soprattutto dopo le bordate che gli ha sparato il «Cav» nel comizio di Bari. «Posso solo dire - ha replicato Prodi - che nella così detta corsa per il Quirinale non ci si iscrive e non ci si deve nemmeno pensare». E il nome di Prodi compare anche nella hit del gruppo Cinquestelle alla Camera. Oggi potrebbe essere fatto, a livello informale, il punto sulla situazione, prima di un nuovo ipotetico incontro tra Bersani e Berlusconi, mentre sono sempre al lavoro «facilitatori» del calibro di Gianni Letta per trovare una soluzione.
La rosa delle candidature gradite al Pdl sarebbe sempre la stessa: Giuliano Amato, Massimo D'Alema, Luciano Violante, Franco Marini. Andrebbe bene anche Anna Finocchiaro, indicata esplicitamente da Renato Schifani. Non manca il nome di bandiera con profilo internazionale, quello di Franco Frattini, conosciuto nelle cancellerie all'estero. Non così chiare le cose, invece, in casa Bersani. Tanto che Daniela Santanchè ha gioco facile a chiedere «ma che cosa aspettano dal Pd a dare una terna di nomi definitiva?»
L'unica certezza è che Giorgio Napolitano non è disponibile per un bis. Continuano, comunque, le dichiarazioni democrat sulla necessità di un nome condiviso. Alle quali si unisce Mario Monti che assicura l'impegno per una elezione con il «consenso più ampio possibile», facendo balenare un no a Romano Prodi e annunciando che non farà il leader politico di Scelta Civica.
Silenziosi invece i grillini sul versante Quirinale. Ma Beppe Grillo è tornato ad attaccare: «I partiti «cialtroni» tengono in scacco il Parlamento, senza vergogna, mentre l'Italia brucia». Anzi, come «extrema ratio» per «disinnescare» il M5S potrebbero riportare il Paese alle urne. È quasi una tirata da campagna elettorale, quella che Beppe Grillo mette nero su bianco sul suo blog. Mentre alle orecchie dei suoi parlamentari giungono con sempre più insistenza le doglianze di quei cittadini che iniziano a credere che i 5 Stelle potrebbero fare di più.
Oggi con il secondo turno delle «Quirinarie» il M5S sceglierà il suo nome per la presidenza della Repubblica. Ma la comparsa di Romano Prodi (e Emma Bonino) nella rosa di dieci tra i quali si sceglierà, infiamma il dibattito interno al Movimento. Parlamentari e non, fanno «campagna elettorale» contro il padre dell'euro, considerato un «impresentabile». Ma il nome dell'ex premier potrebbe rispuntare in Parlamento, alla quarta votazione per il capo dello Stato. A quel punto, i 5 Stelle dovranno decidere, a maggioranza, se votare Prodi insieme al Pd. Con il rischio di spaccarsi.

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