Levico dice addio al suo Luciano Decarli

di Valentina Fruet

Picchetto d'onore e commozione al funerale del maestro Luciano De Carli .
La chiesa arcipretale di Levico non era sufficientemente ampia per contenere le centinaia di persone che ieri pomeriggio hanno presenziato alla cerimonia per porgergli l'estremo saluto e ricordarlo tutti insieme, fungendo da spalla e conforto alla moglie Luciana e alle figlie Elisa e Anna Chiara; persone che gli avevano voluto bene, a cui lui non aveva esitato a dare una mano, un consiglio, una delle sue tante carte e documenti che conservava in quell'archivio un po' disordinato. «Luciano ci è stato strappato velocemente» ha detto il parroco Don Ernesto Ferretti: «fino a pochi giorni fa lo si poteva incontrare per la via e spesso ti fermavi a parlare, dialogare, finendo col progettare cose nuove come era suo solito». 
Una scomparsa veloce, una perdita inaspettata e grave per tutta la comunità: l'hanno ricordato con struggente dolore le figlie, nel dialetto levicense che non si è mai vergognato di parlare e che anzi era oggetto delle sue ricerche, ringraziandolo per «averci mostrato, insieme alla mamma, cos'è la vera famiglia, una casa accogliente, sempre aperta a tutti, insegnandoci con il tuo magnifico sorriso che sapeva risolvere tutto a superare anche i momenti più tristi, con quel tuo fischiettare, che ti annunciava da lontano e le chiacchiere che non finivano mai».
Aveva sempre qualcosa da dire, sempre qualcosa da leggere, da conoscere, il maestro Luciano che ha «amato Levico, nonostante quella che i tuoi amici chiamavano "verve polemica ma propositiva". Ci hai lasciato moltissime belle cose, i tuoi scritti e le tue carte ma soprattutto la tua passione».
Ogni presente ricordava un suo personale «pezzo di Luciano» un aneddoto, gli anni passati insieme a scuola come studenti o colleghi, le serata tra poeti e scrittori e appassionati di storia locale. È stato un superbo insegnante ed educatore, che è la cosa più difficile, ha detto ancora il parroco interpretando il pensiero di tutti quelli che sono stati suoi alunni: «ha saputo trasmettere non solo nozioni ma anche insegnare a vivere, recuperando la memoria del passato per non perdere le nostre radici, consapevole che la vita dell'uomo e della società non può essere solo rivolta al futuro».
Era lui stesso la memoria della città ed «è significativo che proprio in questa giornata scelta per non dimenticare, si sia celebrata anche la sua cerimonia: era un grande scrittore, poeta, saggista, promotore della cultura del territorio e instancabile ricostruttore della microstoria di parole, espressioni e tradizioni. Un patrimonio che in parte porta con sé» ha detto il sindaco Michele Sartori . Commosso anche il ricordo degli amici poeti e scrittori del Cenacolo Valsugana e dell'Associazioni Scrittori trentini che ricordano i momenti trascorsi poetando e «anche se in questo momento le parole sono silenzio» hanno recitato affranti «proprio tu ci hai insegato che un poeta non muore mai; la sua ombra passa ma le sue parole restano. Grazie per averci fatto sentire poeti dentro».

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