Imèr, il «barch» diventa graffito

di Manuela Crepaz

Chi si trova a percorrere la tangenziale subito dopo l’artistica rotonda di Imèr (al centro si trova infatti una lontra uscita dalla fantasia del pittore e scultore Max Gaudenzi) e guarda a sinistra, sarà catturato da un’insolita visione.
Su un intero lato di uno dei barchi, i fienili che disseminano le Giare, svetta la figura di un uomo raggomitolato. Tante le interpretazioni: cerca di alzarsi? Si dondola? Fa ginnastica? Niente di tutto ciò.

Innanzitutto è opera di due artisti primierotti, Gianluigi Zeni di Mezzano e Nicola Degiampietro. Il primo è nato il 25 marzo 1986 e plasma la propria abilità imparando i segreti nel laboratorio del padre Renzo e dello zio Silvano, il secondo, classe 1983, è di Fiera di Primiero e, come Gianluigi, vanta un nutrito curriculum artistico, nonché diversi stage presso grandi maestri.

L’opera è stata pensata per un video che verrà presentato il 16 aprile al Centro di Arte Contemporanea di Cavalese per la mostra «Frél ? La purificazione della materia», dedicata all’arte visiva contemporanea della montagna.

È stata realizzata con la tecnica del graffito: i grigi sono stati ottenuti utilizzando il grigio del vecchio legno del «barch», i chiari grattando e gli scuri bruciando. L’originalità sta nella scelta della «base» su cui i due hanno operato: l’intera facciata a nord del «barch».

Il titolo che accompagna l’opera ne spiega anche il messaggio: «Stre(e)t barch». Attraverso la rappresentazione del giovane rannicchiato e compresso, che è stato realizzato grattando e bruciando l’ormai grigio legno, si pone l’attenzione su come un artista contemporaneo possa sentirsi «stretto», vale a dire racchiuso all’interno di una rigida tradizione, legata spesso ad un concetto tipico di arte alpina.

Ed è indubbio che il titolo giochi pure con il linguaggio: un dialetto che richiama il più blasonato inglese.

«Cataste e Canzei», la mostra a cielo aperto nel centro storico di Mezzano, ospita altre opere dei due artisti primierotti: «Cerco un centro di gravità permanente» di Zeni e «L’acqua dei stoli» di Degiampietro.

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