Fumi e rumori a Quaere. «Sequestro inefficace»

Uno dei filmati girati negli ultimi giorni

di Giorgia_Cardini

Può un impianto industriale sotto sequestro giudiziario continuare a emettere fumi che ammorbano l’aria e rumori che svegliano i morti? In teoria no, in pratica però è quello che continua a succedere a Quaere di Levico.
I video girati negli ultimi giorni, insieme alla numerose segnalazioni giunte alla Stazione forestale della città termale, dimostrano infatti che nulla o quasi è cambiato da quando forestali e polizia giudiziaria hanno apposto i sigilli sul cancello principale della Zanghellini Conglomerati srl, nell’ambito di un’inchiesta della procura di Trento per inquinamento (l’ipotesi di reato è il «getto pericoloso di cose», in questo caso l’emissione di gas, vapori e fumi dai possibili effetti nocivi), partita da decine di segnalazioni di residenti della frazione levicense.
 
Era l’inizio di agosto e il sequestro preventivo veniva accolto con favore da tutti perché, senza fermare la produzione e quindi senza mettere in difficoltà i lavoratori, si provava a sistemare una situazione ormai invivibile per le settanta famiglie della zona circostante la Zanghellini, attiva da cinquant’anni ma causa di problemi solo dalla fine del 2013. L’attività in effetti è continuata sotto la guida dell’amministratore giudiziario, l’ingegnere Antonio Armani, nominato dal gip Francesco Forlenza per redigere un programma di interventi per la messa a norma dei macchinari e del ciclo di lavorazione, che comporterà ingenti investimenti. Proprio per arrivare a definire questo piano nelle ultime settimane, all’interno e nei dintorni dell’impianto, sono state svolte rilevazioni su fumi e rumori, per capire quanto l’azienda sforasse i limiti di legge. In concomitanza con questi controlli, era stato notato un miglioramento della situazione. 
 
[[{"type":"media","view_mode":"media_large","fid":"592396","attributes":{"alt":"","class":"media-image"}}]]
 
Smontati «nasi» e «orecchie» elettroniche, però, tutto è tornato come prima. Stando infatti alle numerose segnalazioni presentate questa settimana anche ai vigili urbani, gli odori pungenti che hanno esasperato per oltre un anno gli abitanti di Quaere sono tornati a farsi sentire, l’aria si è nuovamente riempita di fumo nero, presumibilmente derivante dalla produzione dei conglomerati e del bitume con bruciatori alimentati a olio combustibile a basso tenore di zolfo (BTZ consentiti dalla Provincia di Trento nella produzione di asfalti ma «riconosciuti sicuramente come cancerogeni» da una consulenza tecnica dell’Inail risalente al 2004), i rumori restano assordanti e sono stati visti camion di bitume girare ancora senza i teli di protezione imposti da normative e ordinanze comunali.
 
Gli abitanti di Quaere si sentono presi in giro e chiedono monitoraggi costanti, da parte di forestali e altre forze dell’ordine, come deterrente a una ripresa della produzione che evidentemente non è compatibile con la presenza in zona di molte abitazioni. C’è preoccupazione, in particolare, sul fatto che siano passati mesi dal sequestro senza effettivi provvedimenti: l’unico miglioramento notato sta nella bagnatura dei piazzali, che però dovrebbero essere asfaltati. L’effetto di quanto sta succedendo è che i residenti iniziano a pensare che il sequestro preventivo non basti più e che l’azienda vada chiusa fino alla soluzione definitiva dei problemi. Le nuove proteste sortiranno risultati?

comments powered by Disqus