La voglia di vivere di due gemelli di Novaledo

di Patrizia Todesco

La gravidanza di Patrizia ha iniziato ad essere in salita nel bel mezzo dell'estate. Era il 31 luglio quando, durante una visita di routine, la ginecologa ha messo in guardia la coppia sul fatto che uno dei piccoli, il maschietto, cresceva poco. «Il giorno dopo, il primo agosto, mi hanno ricoverata. Ero di 24 settimane e la data presunta del parto era ancora molto lontana. Mi facevano esami tutti i giorni e purtroppo non solo il maschietto cresceva poco, ma anche alla bambina avevano riscontrato una tachicardia. I miei esami non erano ottimi, anzi continuavano a peggiorare», racconta la mamma.


L'obiettivo della signora era quello di arrivare almeno a 28 settimane di gestazione, ma è chiaro che in questi casi le previsioni non sempre vengono rispettate e l'ultima visita, effettuata a 26 settimane e due giorni, è stata decisiva per i medici. I piccoli non potevano rimanere in utero più a lungo, poteva essere pericoloso. Così, pur consapevoli dei rischi di farli nascere così presto, hanno deciso di procedere. «Mi sono messa nelle mani dei medici perché mi hanno spiegato che io non potevo più fare nulla», racconta la donna che in questi mesi ha vissuto tanti momenti difficili senza però perdere mai la speranza. Quando sono venuti alla luce i due neonati erano davvero piccolissimi. Al limite della sopravvivenza, soprattutto Christopher. «Li ho visti per qualche secondo quel giorno e poi il giorno dopo. Il papà, invece, li ha potuti osservare nell'incubatrice, ma è stato preparato per questo. Il primo impatto è forte, sono più fili che bambini quando nascono così prematuri». I genitori sapevano che le prime ore sarebbero state decisive e che c'era solo da sperare. La tachicardia di Isabel andava tenuta sotto controllo con i farmaci. Ma a che dosi? In Italia non esisteva un caso analogo, di una gemellina nata così piccola con un problema cardiaco di questo genere. È toccata alla cardiologa della neonatologia trovare una soluzione. La piccola ha subìto poi anche un altro intervento al cuore, ma anche questo è andato bene.


Ma ad impensierire di più, i primi mesi, è stato Christopher. Due emorragie polmonari in poche settimane, poi un'infezione. Eppure il suo fisico ha sempre reagito. Intanto mamma e papà andavano avanti e indietro ogni giorno da Novaledo con Lorenzo che guardava la foto dei fratellini e pazientemente attendeva a casa il loro rientro. Lui, che all'improvviso ha visto la sua mamma «sparire» per settimane, poi tornare a casa con la preoccupazione di aver lasciato in ospedale i suoi due piccoli tesori, si è sempre mostrato più che compresivo. «È stata la mia forza - ammette la mamma - perché quando rientravo a casa la mia vita tornava ad avere una parvenza di normalità e lui mi ha dato il coraggio di andare avanti comunque. Lui c'era e io dovevo farmi forza».


Dopo mesi nei quali ai due neonati è successo un po' di tutto, nei quali la parola «fuori pericolo» sembrava impronunciabile, finalmente il 4 dicembre sono arrivate le tanto attese dimissioni dall'ospedale e i gemellini hanno potuto tornare a casa. Ad accoglierli, lungo la strada, a Novaledo, un vero e proprio comitato di benvenuto. «In paese, in questi mesi, ci sono state vicine tantissime persone. Tante mamme mi hanno aiutato con Lorenzo e tante persone hanno pregato per noi andando addirittura a Lourdes e a Medjugorje. Sono stati davvero fantastici». Il ringraziamento di questi genitori va poi a tutto il personale della neonatologia. «Per noi sono stati degli angeli. Il mio grazie di cuore va a tutto il personale del reparto, ai medici, al primario Soffiati e poi alle nostre dottoresse di riferimento, Alberta Valente e Silvia Graziani».


Ora Christopher e la sorellina Isabel sono finalmente a casa coccolati dai genitori, ma anche da nonna Maria Pia e Loreta, dalle zie e dagli amici. «Christopher è probabilmente quello che ha sofferto di più a stare così a lungo nell'incubatrice tanto che ora vuole sempre stare in braccio, giorno e notte. Nessuno però ha paura di viziarlo in quanto capiamo che il contatto umano è per lui indispensabile. È nato a metà agosto e ho potuto prenderlo in braccio per la prima volta in ottobre. È evidente che questi bambini hanno bisogno del calore umano come dell'aria per respirare», dice la mamma. Il ricordo va poi a quel giorno in cui Isabel è stata presa in braccio per la prima volta. «Nonostante fossero passate settimane dalla sua nascita e non fosse stata mai nutrita al seno ha aperto la bocca e poco dopo si è attaccata per ciucciare il latte. Un'emozione incredibile. Una dimostrazione che l'istinto che li guida fin dalla nascita verso la mamma non era stato cancellato dalle settimane trascorse nell'incubatrice».


È Natale più che mai in questa famiglia. È un Natale di nascita e rinascita. Un Natale di gioia, speranza e gratitudine. Un Natale dove le buone novelle sono due, e si chiamano Christopher e Isabel.

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