Chizzola / Il funerale

L’ultimo saluto a Denis Bertè: «Ci hai insegnato il vero valore dell’amicizia»

Tutto il calcio lagarino per dire addio al “portierone”, allenatore e preparatore di molte squadre

di Giancarlo Rudari

CHIZZOLA. Non li ha fermati la pioggia battente di una uggiosa giornata d’autunno sferzata dal vento gelido. Non si sono arresi all’idea di non essere lì, accalcati nella chiesa di Chizzola, per salutare per l’ultima volta il loro amico Denis Bertè, il “portierone” prima, l’allenatore poi e quindi, a fine carriera, il preparatore dei portieri. U

n compagno di tante sfide, in campo con la stessa maglia oppure avversario, ma mai nemico. Non aveva importanza se un giocatore apparteneva alla stessa oppure ad un’altra società: a tutti, indistintamente, ha sempre saputo trasmettere il valore dell’amicizia, nello sport come nella vita di tutti i giorni.

«Questa è stata la cifra che ha contraddistinto, assieme al suo sorriso stampato in volto, la sua intera esistenza» come ha sottolineato nell’omelia don Daniele Laghi. Il mondo del calcio non solo lagarino si è fermato ieri per salutare Berté, stroncato da una malattia a soli 60 anni. Tante erano le società calcistiche rappresentate da giocatori od ex con gli stemmi cuciti sulle loro giacche: dal Castelsangiorgio all’Alense, dal Rovereto al Lagarina, dalla Benacense alla Monte Baldo e all’Avio Calcio.

Giovani e meno giovani, ragazzini e adulti con i capelli grigi che hanno conosciuto ed apprezzato Denis non solo per le qualità sportive (lui deteneva ancora il record di imbattibilità nel campionato di Promozione) ma anche per le sue doti umane. Tra la folla che assiepava la chiesa e che in parte è stata costretta a fermarsi sul sagrato c’erano il presidente della Provincia Maurizio Fugatti («è stato il mio compagno di squadra e “il maestro” che spiegava agli altri come rimanere in campo»), l’ex sindaco di Ala e presidente della Fisi provinciale Tiziano Mellarini («è il mio portiere preferito») e l’attuale sindaco Claudio Soini («ho perso un amico che sapeva farsi voler bene nel calcio come nella comunità alla quale ha dato tanto»).

Tantissima gente in fila davanti alla bara in mezzo alla navata della chiesa per la benedizione e poi una stretta di mano e un abbraccio alla moglie Rita e ai figli Marianna e Jacopo (giocatore in forza al Lavis) prima dell’inizio della messa officiata da don Giovanni, don Alessio e don Daniele.

Denis, prima di morire, aveva espresso il desiderio che fosse proprio lui, don Daniele Laghi, il sacerdote compaesano di Chizzola, a commentare le sacre scritture. «Lo conoscevo fin da piccolo perché, prima il papà e poi lui, con il pulmino ci portava da bambini all’asilo e alla scuola. Il suo modo di essere è sempre rimasto lo stesso: con il sorriso in volto che trasmetteva amicizia. Ecco questo è il valore di un grande uomo come Denis: un uomo che parlava di fratellanza, di relazioni, di famiglia. E tutto questo - ha detto don Daniele - lo ha portato su tutti i campi da calcio dove ha giocato. Valori importanti che i giovani devono imparare e mettere in pratica. Essere “fratello” è entrato nel gergo giovanile: ecco, questa parola non deve restare vuota ma riempirsi del significato più vero del termine da dimostrare sempre e comunque nello sport come nelle relazioni di ogni giorno».

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